Le elezioni europee sono spesso state prese sotto gamba dagli italiani: l’Unione Europea per tanti anni è stata vista come un concetto astratto.
Le elezioni politiche ed amministrative rappresentano la storia d’Italia (voti persi e guadagnati, anche solo per pochissimi punti), eppure anche le “europee” hanno visto fenomeni e protagonisti importanti.
Il vero episodio fondamentale, a livello storico, avvenne durante le elezioni del 1984.
Il leader del Pci, Enrico Berlinguer, morì in piena campagna elettorale (durante un comizio): il tragico avvenimento conseguì un risultato storico, il sorpasso del “Partito Comunista Italiano” verso la “Democrazia Cristiana” (33,33 a confronto del 32,96%).
Nel 1976 vi era stato il rischio del sorpasso (al punto che Montanelli invitava a “turarsi il naso e votare Dc”) ma nulla era successo: stavolta nessuno curiosamente parlò o protestò, probabilmente tacitamente consci del grave accaduto e delle sue conseguenze.
Le elezioni successive videro la presenza d’alcuni accoppiamenti particolari: spesso destinati a fallire all’immediato, salvo poi ritornare nel futuro.
Alle elezioni del 1989, per la prima volta si tentò l’esperimento di un polo laico: “Partito Repubblicano Italiano”, “Partito Liberale Italiano” e Partito Radicale si unirono in confederazione, dichiarandosi “Liberali-Repubblicani-Federalisti” (forse volendo scavalcare la neonata “Lega Lombarda”).
I risultati furono piuttosto modesti (4,40% e appena 4 seggi a Bruxelles) ma il tentativo fu coraggioso: dato il Partito Comunista ancora vivente e la Dc forte, si tentò un primo abbozzo di coalizione di centro-sinistra.
Lo stesso curioso tentativo avvenne alle votazioni del 1999, anche in questo caso gli effetti accaddero molti anni dopo: Gianfranco Fini decise di smarcarsi da Berlusconi e si alleò con l’ex democristiano Mariotto Segni, scimmiottando il “Partito Repubblicano” americano e adottando come simbolo un elefantino (l’alleanza fu ribattezzata, difatti, “l’elefantino”).
Curiosamente nel 1994, Mariotto Segni non volle allearsi con Berlusconi, proprio per la presenza dello “scomodo” Fini: evidentemente dopo cinque anni cambiò idea.
Anche in questo caso i risultati furono inferiori alle previsioni (10,28% e nove seggi): Fini tornerà all’ovile con le orecchie basse (e Berlusconi lo sfotterà pubblicamente) e solo dopo molti anni si smarcherà dall’alleanza col “Cavaliere”, stavolta per sempre.
Alle elezioni del 2004 si replicò, e stavolta l’accoppiamento fu davvero curioso e mai più ripetuto: Antonio Di Pietro e Achille Ochetto.
Inizialmente volevano sottotitolarsi “Per il nuovo Ulivo”, ma fu impedito dagli ufficiali detentori della coalizione: curioso il destino che Ochetto fu segretario di partito durante l’epoca di “Mani Pulite”, in cui il magistrato Di Pietro lambì solo marginalmente il partito del suo futuro alleato.
I consensi dello strano duetto furono scarsi (2,14% e solo due seggi) e per l’altro l’ex segretario del Pci, abbandonò poi il suo seggio a Bruxelles.
Il comune denominatore dei casi descritti: è il destino sfortunato, poichè tanti protagonisti delle elezioni europee (sia vincenti che perdenti) furono destinati a calare di consensi o addirittura scomparire dalla vita politica.
Il clamoroso risultato del “Partito Comunista Italiano” del 1984 fu un classico “canto del cigno”: la segreteria passò ad Alessandro Natta ed il partito perse consensi, fino a sciogliersi (dopo il crollo del muro di Berlino) per mano d’Achille Ochetto.
La mossa disperata del “Partito Liberale Italiano” e del “Partito Repubblicano Italiano” fu l’ultimo alito d’esistenza dei due storici partiti: dopo il 1989, i loro voti calarono sempre di più, fino a scomparire.
Nel giugno del 1994, “Forza Italia” stravinse le competizioni europee, sull’onda di quelle politiche: pareva il principio di un lungo governo, ma le liti con Umberto Bossi segnarono la fine precoce della prima esperienza di Berlusconi.
Nel 1999 l’alleanza tra Gianfranco Fini e Mariotto Segni fu effimera e tale fu l’esperienza politica dello stesso Segni: il medesimo destino fu seguito da Fini molti anni dopo, difatti oggi il politico bolognese non è più presente in parlamento.
Curiosamente la stessa sorte ricadde sull’effimera moda del simbolo “americano”.
Alla fine degli anni ’90 Fini e Segni non furono gli unici ad utilizzare un simbolo politico americano: Romano Prodi acquisì l’asinello come simbolo del suo partito, che già dal nome ricalcava l’impronta statitunitese (“I Democratici”), ma anche il partito del professore ebbe vita breve (confluì nel 2001 nella “Margherita”).
Infine devastante fu il destino della coppia Di Pietro-Ochetto: entrambi scomparirono dalla vita politica italiana, il secondo ebbe l’ultimo sussulto proprio durante le europee del 2004.
Il risultato dei prossimi giorni è un’incognita: la speranza è che anche le elezioni europee abbiano, d’ora in poi, un peso pari alla sua importanza.
Antonio Gargiulo
Riproduzione Riservata ®