Le nostre identita’ subiscono quotidianamente e spesso silentemente un furto, siamo quindi in grado di controllare questa perdita e reimpissessarcene?
La domanda iniziale ci pone di fronte ad un grande problema ad ora irrisolto: la perdita quasi assoluta di privacy.
Siamo continuamente sotto attacco dal terrorismo digitale, ci sono continui furti di identità.
Ogni giorno, attraverso i controlli in aeroporto, quando facciamo la spesa, quando facciamo una ricerca on line etc, cediamo informazioni su
noi stessi, anche contro la nostra volontà.
Vogliamo veramente che queste informazioni vengano condivise?
Siamo sicuri che queste informazioni verranno usate correttamente?
Vi sono molti rischi per la privacy dei cittadini che derivano da queste nuove tecnologie digitali.
Come difendersi?
Il prof. Sica esperto del settore, ha specificato che l‘indagine svolta dal Laboratorio IN.DI.CO., (Informazione, Diritto e Comunicazione)
dell‘università di Salerno, ha preso le mosse dalla Direttiva n. 46 del 1955.
La sfida, quindi, è quella di proteggere ―l‘identità digitale,cioè quella di una tutela che consenta a ciascuno di mantenere il controllo sui propri
dati, senza rinunciare alle opportunità offerte dale email) e questo vuol dire immettere dati personali in rete e i dati hanno un valore; Facebook, ad esempio, vale in borsa esattamente quanti profili
di utenti ha e quindi, quanti dati personali contiene.»
I dati sono la ―materia prima dell‘informazione.
La dinamica dei mercati è interdipendente con la capacità di espansione dei big data e lo sarà sempre di più, e dunque la necessità di connettere
la vasta distesa di informazioni al fine di trarne profitto.
I big data pongono l‘attenzione del mondo sulla privacy e sull‘erosione
della riservatezza come questione politica.
Come costituire una legislazione sufficientemente rigida e incline alla
protezione dei diritti dell‘individuo e della comunità, ma flessibile in modo da non soffocare investimenti e sviluppo economico?
Ci si dovrebbe concentrare sul rispetto nella conservazione e nell‘uso dei dati, stabilendo regole precise sui tempi di giacenza e sulla legalità circa
le operazioni di gestione.
Una delle soluzioni a disposizione di chi ha a cuore la propria privacy è la data disobedience, cioè una strategia di riappropriazione del controllo
sui propri dati, in aperta contestazione con l‘attuale status quo digitale.l progresso tecnologico.
Su questo delicato rapporto tra internet e privacy, Giovanni Busia (Segretario Generale Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali) nel corso di un‘importante convegno ha affermato:
«Oggi il web influenza sempre di più la vita reale, non c‘è più la separazione tra reale e virtuale.
Usiamo sempre più la tecnologia Cloud (ole email) e questo vuol dire immettere dati personali in rete e i dati hanno
un valore; Facebook, ad esempio, vale in borsa esattamente quanti profili di utenti ha e quindi, quanti dati personali contiene.»
I dati sono la ―materia prima dell‘informazione.
La dinamica dei mercati è interdipendente con la capacità di espansione dei big data e lo sarà sempre di più, e dunque la necessità di connettere
la vasta distesa di informazioni al fine di trarne profitto.
I big data pongono l‘attenzione del mondo sulla privacy e sull‘erosione
della riservatezza come questione politica.
Come costituire una legislazione sufficientemente rigida e incline alla
protezione dei diritti dell‘individuo e della comunità, ma flessibile in modo da non soffocare investimenti e sviluppo economico?
Ci si dovrebbe concentrare sul rispetto nella conservazione e nell‘uso dei dati, stabilendo regole precise sui tempi di giacenza e sulla legalità circa le operazioni di gestione.
Una delle soluzioni a disposizione di chi ha a cuore la propria privacy è la data disobedience, cioè una strategia di riappropriazione del controllo
sui propri dati, in aperta contestazione con l‘attuale status quo digitale.
Per Finn Brunton ed Helen Nissenbaum, docenti presso la New York University, è tempo di ribaltare il paradigma riscrivendo i principi delnostro essere online.
Al momento, siamo in una zona intermedia, dove nel nome della sicurezza alcuni diritti fondamentali, come quello alla privacy corrono il rischio di essere messi in discussione.
Una strategia efficace per difendere la propria privacy online nel quotidiano, aldilà di soluzioni tecnologiche e politiche, è quella di
offuscarsi.
Condividerci semplicemente essendo online, significa pagare con la nostra identità, fatta di dati e di informazioni preziose, i servizi di cui
usufruiamo gratuitamente.
Per spezzare il paradigma condivisione, Big Data, profilazione, significa spezzare l‘algoritmo che lo analizza, confondendolo attraverso le tracce
da noi rilasciate.
Applicare una risoluzione dal basso, quotidianamente, per proteggerci e per manifestare il dissenso al controllo costante, mitigando la
sorveglianza digitale.
La soluzione non è quella di sparire, perché oggi non sarebbe possibile
vivere privandosi di qualsivoglia supporto tecnologico, ma quella di
agire sullo stesso terreno di gioco, usando le tracce/informazioni in modo
strategico: esprimendo opinioni contrastanti, ambigue e inondando di
informazioni fasulle circa i propri gusti e inclinazioni.
Contribuire all‘interferenza, creare ―rumore rendendo inutilizzabile la raccolta e l‘analisi dei dati, mitigando l‘asimmetria informativa tra noi
produttori di dati e chi li raccoglie, riuscendo così a nasconderci.
In conclusione, quindi, possiamo affermare che viviamo e vivremo sempre più in un mondo ―offuscato, dai confini indefiniti, dalle regole
ancora non scritte, dove i mercati globali hanno indebolito le democrazie mondiali, prendendo il sopravvento su tutto e condizionando le scelte dei
cittadini.
Un mondo dove la privacy è continuamente minacciata, dove i diritti dei cittadini sono messi da parte a favore solo di una convenienza
economica, dove il ―Diritto è messo continuamente sotto pressione.
Ci muoviamo all‘interno di un mondo senza regole, o meglio con le ―regole della convenienza a tutti i costi che non lascia spazio a una vera democrazia libera di affermarsi.
Tutto ciò quindi limita fortemente la libertà di noi cittadini e limita la consapevolezza delle nostre azioni: agiamo credendoci liberi e consapevoli, in realtà ci muoviamo e agiamo su binari preventivamente tracciati.
PATRIZIA DIOMAIUTO
Riproduzione Riservata ®