La Spezia, Genova, Napoli, l’Isola d’Elba: luoghi diversi, accomunati dalla ferocia del maltempo che ha colpito l’Italia in queste settimane e dalla disgrazia di dover piangere amaramente i propri cari, portati via dalla pioggia, dall’implacabile potenza dell’acqua.
Dieci le vittime nello spezzino, dopo l’alluvione del 25 ottobre – ancora da confermare, la notizia secondo la quale i corpi di due dispersi sarebbero stati ritrovati in acque francesi; sei a Genova – tutte donne, purtroppo anche una mamma con entrambe le sue bambine. A Napoli, un uomo è morto nella propria auto, schiacciato da un albero crollato durante il nubifragio che Domenica ha colpito la città (causando, tra l’altro, il rinvio della partita del Napoli al San Paolo); all’Elba, invece, un’anziana donna è morta travolta dall’acqua che ha invaso la sua casa.
Mentre l’allarme per la piena del Po rientra a Torino e a Matera si cercano due dispersi, le immagini più scioccanti di questi giorni continuano a provenire da Genova, dove la pioggia cade ad intermittenza da ore risvegliando il terrore dei cittadini già provati dall’alluvione di venerdì scorso. Immagini sconcertanti che affollano gli schermi delle Tv, ma soprattutto i nostri occhi increduli, riaffiorando ad ogni battito di ciglia insieme alle urla disperate dei genovesi.
Dopo 41 anni dall’ultima grande alluvione, la città ligure si è ritrovata, ancora una volta, sepolta dall’acqua: un terribile dejà vu per chi c’era già allora, dover rivedere l’imponente fiume scuro e fangoso invadere il centro della città e prenderne prepotentemente possesso. Circa 10 millimetri di pioggia al minuto sono caduti su Genova il 4 Novembre, causando l’esondazione del torrente Fereggiano che ha iniziato a trascinare con sé tutto ciò che ha trovato lungo il nuovo percorso “cittadino”; auto, pullman, motorini, detriti di ogni genere e, ovviamente, tantissime persone che hanno cercato in ogni modo di resistere alla furia della corrente.
Fa discutere la tragedia di Genova: il primo cittadino, Marta Vincenzi, ha dichiarato che avrà per sempre sulla coscienza le sei vittime – chiedendo scusa per l’inefficienza dell’amministrazione comunale nella gestione dell’emergenza – mentre l’Italia intera, inizialmente ammutolita dallo shock, si domanda perché, nonostante l’allerta meteo di livello 2 diffusa dalla Protezione Civile, le scuole fossero aperte, i cittadini impreparati, la città indifesa dinanzi alla potenza della natura. Disinformazione ed irresponsabilità hanno forse giocato a sfavore di Genova insieme alla pioggia che, a causa dell’inquinamento atmosferico, è oggi molto più violenta rispetto al passato: la progressiva tropicalizzazione del nostro clima implica, infatti, che pur essendo diminuita la frequenza di fenomeni piovaschi, ne risulti aumentata l’intensità. Insomma, sui nostri territori, oggi, cade più pioggia in meno tempo.
A Genova come nei paesi dello spezzino, il clima, la mancata prevenzione del dissesto idrogeologico e la politica dell’edilizia sfrenata e dei condoni salva-abusivisti hanno certamente collaborato nel rendere ancor più drammatici gli eventi delle ultime settimane. La pioggia, che, infiltrandosi nel terreno, alimenta le falde acquifere dalle quali estraiamo l’acqua, quando raggiunge un’intensità tale da non permetterne l’assorbimento, defluisce ai punti di raccolta più vicini (fiumi, torrenti, laghi). Tuttavia, la cementificazione selvaggia di questi anni ha anche reso il terreno impermeabile, implicando un riversamento di portata maggiore verso ulteriori canali ed aumentando le probabilità di esondazioni. In altri termini, meno acqua viene assorbita più possibilità ci sono di assistere a disastri idrogeologici come quelli di La Spezia, di Genova, dell’Isola d’Elba.
Molte – troppe – le vittime di questa terribile ondata di maltempo: purtroppo la pioggia continuerà sempre a cadere, imperterrita nonostante gli ingenti danni; sarà, allora, compito di chi vive e gestisce il territorio intervenire affinché siano compiute le giuste opere per la salvaguardia delle città e dei cittadini italiani.
Sara Di Somma
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