La nuova pellicola del regista britannico David Boyle si presenta come i tasselli di un puzzle che devono essere messi insieme e ricomposti per riuscire a vederne l’immagine completa, quella che all’inizio sfugge e che forma una realtà diversa da come ce l’aspettavamo. “In Trance”, film alquanto ambizioso sui giochi della mente e sui ruoli di potere, il regista Premio Oscar con The Millionaire, ha cercato di mescolare con accurata abilità più generi diversi attraversandoli con la sua consueta eleganza e senza cadere in eccessi o clichè. Ad una trama intricata fatta a scatole cinesi, con i suoi colpi di scena, i déjà vu, i continui collegamenti al passato e poi i ritorni bruschi al presente, in cui il limite tra il personaggio “cattivo” e quello “buono” è alquanto labile e non immediatamente identificabile, si affianca un cast costituito da un inedito triangolo: James McAvoy, Rosario Dawson e Vincent Cassel.
La pellicola, che è una sorta di viaggio attraverso i complicati garbugli della mente umana, scava nelle ombre buie del subconscio dei personaggi e lo fa attraverso volute o violente incursioni ipnotiche per ricostruire e appropriarsi di un ricordo andato perduto. La trance, dopotutto, è uno stato psicofisiologico caratterizzato da una serie di fenomeni come insensibilità agli stimoli esterni, attenuazione o perdita di coscienza, che può essere indotto mediante ipnosi. Ma il termine trance può essere inteso anche in senso figurato quale stato di esaltazione provocato da stimoli esterni come la musica o la danza. Ed entrambe le definizioni risultano appropriate per l’ultima fatica cinematografica di Boyle, thriller psicologico dagli aspetti dell’heist-movie che a tratti sfocia nel dramma (nel film non manca di certo una vena malinconica) e nella tensione sessuale che intercorre tra i tre protagonisti.
Boyle ci trasporta così in un vortice caotico che risucchia non solo la mente dei personaggi ma anche la nostra, e quando siamo convinti che una determinata situazione sembra sia giunta al capolinea o abbia ormai preso una certa direzione, ecco che viene inserito l’elemento disturbante, la variabile non direttamente prevedibile che scombussola tutto e cambia le carte in tavola.
Proprio le carte sono l’oggetto collegabile a Simon (James McAvoy), il protagonista, o quello che sembrerebbe esserlo (perché durante il corso del film scopriremo che la vicenda è incentrata sull’unica figura femminile presente), disonesto assistente di una casa d’asta e dipendente dal gioco d’azzardo. Dopo aver sperperato tutti i suoi soldi giocandoli, egli decide di mettere su una banda di criminali per trafugare una tela valutata milioni di dollari. Ma durante il furto viene colpito alla testa e quando si risveglia una forte amnesia non gli permette di ricordare dove ha nascosto la tela. Il capo della banda (Vincent Cassel) decide di affidarsi ad un’ ipnoterapista (Rosario Dawson) per cercare di giungere attraverso l’utilizzo dell’ipnosi alla tela rubata.
L’uso di una colonna sonora incessante e martellante contribuisce a rendere il film a tratti ancora più caotico, quasi a disturbare le immagini e i dialoghi che passano in secondo piano perché siamo distratti dal sonoro. Inoltre l’intento di giocare sui colpi di scena e su realtà sovrapposte su più livelli ricorda vagamente “Inception” di Christopher Nolan. Gli accenni al mondo dell’arte,alla casa d’asta e ad un quadro( le Streghe nell’Aria di Goya)sono quasi un “omaggio” a “La miglore offerta” di Tornatore. Tutto il film è permeato da una femminilità che si impone e domina le scene, dagli ambienti chiusi alle figure femminili, ai nudi dei quadri solamente accennati, fino a Rosario Dawson, vera e indiscussa protagonista che gioca più con la sua sessualità che con il potere dell’ipnosi per soggiogare entrambe le figure maschili. Sulla scia del potere occulto evocato da quadro di Goya si snoda il potere della bella ipnoterapista per tramutarsi da vittima a carnefice e vendicarsi di una male subito anche se il discorso si riduce al potere sessuale della donna sui maschi, che svilisce il senso di rivendicazione e autonomia della protagonista. In trance, dunque, c’è un po’ di tutto: tensione, colpi di scena, sesso e scene splatter. In altre parole 101 minuti di puro intrattenimento.
Maria Scotto di Ciccariello
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