Di recente nuovi elementi tendono a ridisegnare la fisionomia geoeconomica e politica del mondo.
Da un lato, vi è da segnalare la tradizionale versione interpretativa che individua nella cosiddetta
“Triade”, formata da USA, Unione Europea e Giappone, i paesi dominanti sullo scacchiere
internazionale. Si tratta di una definizione utilizzata spesso nel commercio internazionale per
indicare appunto il trittico dei paesi/aree più industrializzate del mondo: il primo gruppo è
rappresentato dagli Stati Uniti, il secondo dai paesi dellʹEuropa Occidentale (sostanzialmente l‟UE)
e il terzo gruppo è rappresentato dal Giappone. Sono in pratica le classiche potenze economiche
“occidentali”, che nel mercato globale vengono identificate in raffronto ad altri gruppi economici
indiscutibilmente più deboli oppure ad altri nuovi gruppi economici emergenti, sui quali gruppi
economici però, grazie al suo potere politico ed economico la Triade proietta la sua grande
influenza. Per altro verso però, si ha un graduale ma durevole processo di differenziazione e
riallocazione delle gerarchie interne ai paesi che fanno parte del cosiddetto del Terzo Mondo (si
pensi per esempio a Israele, che da tempo viene annoverato tra i paesi industriali). D‟altra parte, un
processo per alcuni aspetti analogo sta avvenendo nei paesi dell‟emisfero nord, le cosiddette
“economie in transizione”, investiti dalla turbolente situazione post‐comunista.
Relativamente al Terzo Mondo, mentre si estende la lista dei paesi più poveri del Quarto Mondo
(che va detto, sono meno poveri che in passato, ma più poveri in relazione ai più ricchi), va notato
però che stanno anche man mano emergendo almeno tre categorie di Stati i cui livelli di sviluppo si
avvicinano a quelli delle economie più avanzate. Questi risultati sono incoraggianti fino al punto
tale che si può arrivare a configurare quello che si potrebbe definire, il Nord del Sud del mondo.
Una prima categoria di questi paesi riguarda gli Stati a rendita petrolifera (Algeria, Arabia Saudita,
Bahrein, Brunei, Emirati Arabi Uniti, Gabon, Iran, Iraq, Indonesia, Kuwait, Libia, Oman, Nigeria,
Venezuela ecc.).
Una seconda categoria è quella denominata come “nuovi paesi industriali” o NIE (Newly
Industrialized Economies), così chiamati a partire dalla metà degli anni ʹ80. Si tratta delle “quattro
tigri” dellʹAsia orientale (Corea del Sud, Hong Kong, Taiwan e Singapore), tutte caratterizzate da
sostenuti ritmi di crescita economica e da una intensa presenza sul mercato internazionale. Alla
stessa categoria, pur con tassi di crescita meno brillanti, sono da ascrivere anche Filippine,
Indonesia, Malaysia e Thailandia, definiti dalla stampa di settore come i “quattro dragoni“ del
Sud‐Est asiatico. Il paese senza dubbio a più rapida industrializzazione dell‟Asia, ma anche del
mondo, è la Cina, con un tasso di crescita costantemente a due cifre per oltre un decennio e in
procinto di ricoprire un ruolo leader mondiale non solo in campo economico ma anche
politico‐strategico.
La terza categoria di paesi emergenti è parecchio variegata, comprendendo Stati di grandi
dimensioni che dispongono di una forte base agricola e/o mineraria e di un apprezzabile apparato
industriale (per es.: Argentina, Brasile, India, Messico e Sudafrica), o che si trovano in una fase di
decollo industriale più o meno avanzato (Bangladesh, Egitto, Pakistan, Turchia), piccoli Stati con
reddito elevato (Cile, Uruguay), ma anche mini‐stati e dipendenze con un pronunciato sviluppo nel
settore terziario legato alle agevolazioni fiscali (Bahamas, Bermuda, Isole Cayman, Antille
Olandesi), al turismo (Maurizio, Seicelle, Trinidad e Tobago) o ad altri settori (Macao, Swaziland).
Una delle relativamente recenti classificazioni per tipo di paesi è quella inerente i BRIC e cioè:
Brasile, Russia, India, Cina. Questi paesi condividono una grande popolazione (Russia e Brasile
oltre il centinaio di milioni di abitanti, Cina e India oltre il miliardo di abitanti), un immenso
territorio, abbondanti risorse naturali strategiche e, cosa più importante, sono stati caratterizzati da
una forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale, soprattutto nella fase iniziale del
XXI secolo.
PATRIZIA DIOMAIUTO
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