Come dispone la direttiva n°50 del 2008 della Comunità Europea, e vigente dal 18 giugno 2008, le Nazioni dell’Unione Europea debbono limitare l’esposizione dei cittadini alle polveri sottili, ribadendo i valori massimi di concentrazione annua (40 microgrammi al metro cubo) e di concentrazione quotidiana (50 microgrammi al metro cubo da non superare più di 35 volte in un anno solare).
La stessa Unione Europea può avviare la procedura di infrazione per inquinamento nei confronti di una Nazione nel caso in cui questa non rispetti tali parametri.
Le PM10 sono minuscole particelle emesse dai veicoli in circolazione, dagli impianti industriali e di riscaldamento domestico, che restano sospese nell’aria.
Pur avendo recepito in tempo tutte le direttive emanate in materia di polveri sottili, l’Italia non si è adeguata ai parametri fissati dall’Unione Europea e non ha mai adottato un piano di risanamento nazionale della qualità dell’aria.
Un decreto legge predisposto dal Ministero dell’Ambiente è ancora in fase di studio.
Un eccesso di accumulo di polveri sottili nell’aria che respiriamo può comportare aggravamento di sintomi respiratori e cardiaci, infezioni respiratorie acute, asma bronchiale, disturbi circolatori, tosse e catarro,
diminuzione della capacità polmonare, bronchite cronica.
La naturale conseguenza è la necessità di prendere appuntamento con il medico di fiducia, sperando che il problema sia risolvibile in tempi brevi. Viceversa sarà un lungo calvario tra specialisti, cliniche pubbliche e private. Con spese economiche che vanno ad accrescersi ogni volta.
Ci si augura che l’Italia, come ogni Nazione interessata, corra nel più breve tempo possibile ai ripari, ponendo in essere i cambiamenti necessari a tutelare un diritto fondamentale dell’individuo, quale quello della salute, previsto anche dall’articolo 32 della Costituzione Italiana.
Raffaele Dell’Aversana
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