Cosa faceva uno sputo su una scala? Saliva. Così recitava una vecchia freddura popolare a proposito di un tema che invece questa settimana sembra diventato così caldo da scottarsi se ci si ha a che fare.
Ezequiel Lavezzi, attaccante del Calcio Napoli, è stato squalificato per ben tre giornate dal magnifico giudice sportivo Gianpaolo Tosel, che nella sua storia ha avuto sempre equità di giudizio e non ha mai fatto discriminazioni (anche questa era una freddura).
In verità il caro giudice Tosel è ben conosciuto a Napoli per le sue barbarie nei confronti degli azzurri: due anni fa squalificò le curve del San Paolo per avvenimenti a Roma che in realtà mai avvennero; squalificò ripetutamente Zalayeta, all’epoca punta azzurra, per simulazione, quando le immagini tv dimostrarono in entrambi i casi che simulazione non c’era stata; ha multato per parecchie centinaia di migliaia di euro, nel tempo, la società azzurra mentre è sempre stato un papà severo ma comprensivo nei confronti delle altre società i cui tifosi commettevano reati ben più gravi.
Insomma uno che ama Napoli (giudichi il lettore se questa è o meno una battuta).
Ma tornando alla questione, perché il pocho è stato squalificato?
Perché, come recita la (molto) appellabile sentenza di Tosel, e come si è intravisto dalle telecamere di Sky Sport, il calciatore azzurro avrebbe prima ricevuto uno sputo dal giocatore Aleandro Rosi e subito dopo, ricambiato la cortesia. La sentenza del giudice sportivo, come detto, è molto debole e addirittura cade in contraddizione: le immagini televisive documentano che, nelle circostanze segnalate, il calciatore giallo-rosso, nel cerchio di centro campo e ben lontano dall’azione in svolgimento in altra zona del campo, si avvicinava al calciatore partenopeo, che gli volgeva parzialmente le spalle, e da una distanza di circa un metro, con palese gestualità, gli indirizzava uno sputo, che veniva immediatamente “ricambiato”… Le immagini acquisite non consentono di determinare con assoluta certezza in che misura ed in quale zona del corpo (presumibilmente il collo di Lavezzi ed il volto di Rosi) gli sputi abbiano effettivamente colpito il loro rispettivo destinatario, ma tale circostanza è ininfluente ai fini della valutazione disciplinare.
La legge parla chiaro, se le immagini non sono nitide, nel dubbio, non si interviene a livello disciplinare, inoltre Lavezzi e Rosi erano entrambi stati ammoniti, quindi già puniti dal direttore di gara che, con un’email inviata a Tosel però smentisce: “…non ho visto nulla e confermo inoltre che le ammonizioni comminate ai calciatori Rosi e Lavezzi si riferiscono a delle spinte reciproche”. Peccato che le spinte reciproche ci siano state, ma tra Cassetti e Lavezzi e non coinvolgevano nella maniera più assoluta Aleandro Rosi.
Da tutto ciò cosa emerge? Una volontà ben precisa. La solita battaglia nord – sud: non toglieteci quello che dobbiamo spartirci solo noi tre “grandi” (e questa purtroppo non è una battuta).
I fatti sono sotto gli occhi di tutti come la non uniformità di giudizio che continua ad esserci nei confronti della società azzurra. Ma in Italia ormai è diventato costume stare al servizio dei potenti e schiacciare sempre più le altre realtà non consentendo loro di crescere.
Napoli ed il Napoli ora devono lottare per avere giustizia, e se ciò non accadrà le ricette saranno due, una per la squadra e una per i tifosi: i calciatori dovranno scendere in campo con più rabbia agonistica e ancora più voglia di vincere; i tifosi dovranno dare esempio di civiltà a tutto il mondo. E’ miscelando questi due elementi che si può arrivare davvero in alto, e questo Napoli può.
Uno striscione a Verona negli anni ’80 recitava “Noi odiamo tutti”, i napoletani per tutta risposta ne esposero un altro: “Noi amiamo tutti”. Incarniamo di nuovo quello spirito, quello del Napoli vincente che fugge deciso verso il tetto del mondo e questi impedimenti rappresenteranno soltanto una battaglia in più vinta.
Marco Branca
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