Internet e creatività. Un binomio sempre più sulla cresta dell’onda grazie alle immense possibilità aperte dai social media nella creazione di contenuti provenienti dall’intelligenza collettiva della gente comune che si oppongono a quelli creati dai media tradizionali. Li chiamano User Generated Contents (contenuti generati dagli utenti). Neanche il cinema è riuscito a restarne immune a lungo, e finalmente, l’era del web sociale e della cultura partecipativa ha ora anche il suo film-manifesto, destinato a segnare un’epoca nel campo di internet ma soprattutto del cinema.
“Life in a day”, questo il titolo. “La storia di un giorno sulla terra attraverso gli occhi di migliaia di persone”, il claim che lo accompagna. Presentato ufficialmente in anteprima mondiale il 27 gennaio al Sundance Film Festival – il festival del cinema indipendente fondato da Robert Redford – si tratta di un’opera collettiva di portata planetaria, prodotta dalla Scott Free Production di Ridley Scott per la regia del Premio Oscar Kevin MacDonald. Anche se forse sarebbe più corretto parlare di “co-regia” in questo caso, dal momento che “Life in a day” (La vita in un giorno, il titolo italiano) è il primo esperimento in assoluto nella storia della cinematografia di social film-making o di user generated cinema, un progetto assolutamente audace realizzato in collaborazione con migliaia tra registi amatoriali, appassionati di cortometraggi o semplici utenti di Youtube chiamati ad imbracciare una telecamera e girare il proprio film.
L’idea che ha animato il progetto, come ci dice il titolo stesso, è quella di realizzare un film-documentario che racconti una giornata sulla Terra attraverso gli occhi di migliaia di persone. Piccole schegge di vita quotidiana catturate in qualunque parte del mondo tra le 00.00 e le 23.59 di un preciso giorno, e cristallizzate in un tutt’uno più o meno logico, una sorta di capsula temporale globale che permetterà alle generazioni future di scoprire come si viveva il 24 luglio 2010. Eventi emotivamente forti e spettacolari ma anche quelle piccole storie quotidiane di ogni giorno fatte di gesti intimi, abitudini e oggetti in grado di raccontare a tutti con estrema semplicità chi siamo, cosa amiamo, cosa ci fa ridere e cosa ci spaventa. L’obiettivo delle telecamere non ha fatto sconti. Viene mostrato tutto, il bello ma anche il brutto di questo mondo in cui viviamo: i primi passi di un bambino, un matrimonio, malati terminali, corpi martoriati. Tanti piccoli pezzetti di un mosaico legati tra loro in maniera ritmica più che narrativa e accompagnati dalla colonna sonora composta da Matthew Herbert e creata dagli utenti del web, a cui il musicista ha chiesto di registrare un singolo applauso, un respiro, una nota tenuta il più a lungo possibile, il proprio rumore preferito. Sono stati oltre 80.000 i filmati inviati da 192 paesi diversi, per un totale di circa 4500 ore, viste, analizzate, selezionate e montate da MacDonald e dal suo team di editor in un grande collage audiovisivo della durata di circa 90 minuti che offre una visione globale dell’immensa varietà di popoli, culture, abitudini e stili di vita, il cui filo conduttore è semplicemente la voglia di tutti di lasciare una traccia indelebile di quella giornata. “A me oggi non è successo niente ma non voglio sparire. Voglio esistere”, sono le parole che una ragazza affida al suo video personale. Parole emblematiche condivise da tutte quelle persone che Internet non lo vivono solo passivamente, ma ogni giorno aprono blog, scrivono su un forum, recensiscono film, girano video e li pubblicano su YouTube. Ed è forse proprio questo il successo di Life in a day gettare luce su questa straordinaria rivoluzione democratica che attraversa oggi l’industria culturale dove tanti frammenti infinitesimali combinati assieme creano qualcosa di unico.
Enrica Raia
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