La scomparsa di Lucio Dalla è stata salutata con estremo dolore dal mondo dello sport e non poteva essere altrimenti. Grandissimo tifoso del Bologna e della Virtus Bologna Lucio Dalla ha composto tantissime canzoni dedicate allo sport o ad eventi sportivi, come per esempio l’inno per la rappresentativa azzurra alle Olimpiadi di Pechino 2008.
Ma se si pensa a Dalla e al mondo dello sport non si può non pensare ad Ayrton, titolo di una delle canzoni più celebri del cantautore romagnolo e nome del pilota di formula 1 Ayrton Senna a cui la canzone è dedicata. “Il mio nome e’ ayrton e faccio il pilota e corro veloce per la mia strada anche se non e’ piu’ la stessa strada, anche se non e’ piu’ la stessa cosa” sono i versi che aprono la canzone e che raccontano il mondo della formula 1 come se fosse una poesia.
In questo si trasforma lo sport quando è cantato come lo cantava Lucio Dalla: in poesia. Come se la formula 1, ma anche il ciclismo e persino il calcio ritrovassero quella purezza di cui nel mondo reale pare si sia persa ogni traccia. E non è un caso, forse, che proprio i cantautori degli anni passati abbiano saputo meglio di altri raccontare gesta ed eventi sportivi.
Dalla, certo, ma come lui anche Francesco De Gregori, che ha trasformato il ciclismo in una metafora della vita raccontando la storia vera di Sante Pollastro e Costante Girardengo, due amici ma anche un bandito, il primo, e un campione, il secondo. “Una storia d’altri tempi, – dice De Gregori – di prima del motore quando si correva per rabbia o per amore. Ma fra rabbia ed amore il distacco già cresce E chi sarà il campione già si capisce”. Recita così una delle strofe della canzone, prima di quel ritornello entrato nella storia: “Vai Girardengo, vai grande campione ! Nessuno ti segue su quello stradone. Vai Girardengo ! Non si vede più Sante È dietro a quella curva, è sempre più distante”.
Persino il calcio raccontato nelle canzoni appare uno sport pieno di magia, come magari effettivamente è stato ed è ancora quando regala emozioni forti. Come quelle di una giovane promessa de “la leva calcistica del ’68”. La canzone è anche questa di De Gregori che, al giovane Nino, dice di “non aver paura di tirare un calcio di rigore” perchè “non è da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore si giudica dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. Un calcio di altri tempi forse ma le canzoni servono anche a fotografare le varie epoche.
Così, se nel ’90 l’Italia che sognava di rilanciasi ospitando in casa il mondiale, è stata raccontata magistralmente con le “Notti magiche” di Eduardo Bennato e Gianna Nannini, l’Italia del 2006, per superare lo scandalo calciopoli ebbe bisogno di tutta l’ironia di Checco Zalone e di quel “siamo una squadra fortissimi” che fra scaramanzia e molti sorrisi accompagnò la nazionale a vincere i campionati del mondo in Germania.
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