“A fan e amici: come Rem e come amici di una vita e cospiratori, abbiamo deciso di mettere fine ai Rem. Ce ne andiamo con una grande senso di gratitudine, di definitività e di stupore per i risultati raggiunti. A tutti quelli che si sono sentiti toccati dalla nostra musica, il nostro più sentito ringraziamento per averci ascoltato”.
Così recita il comunicato, stringato e toccante, di Michael Stipe, frontman dei R.E.M., la storica band di Athens che ha attraversato il vorticoso trentennio del pop, dagli anni ‘80 ad oggi.
I R.E.M. sono stati una top band, ma in senso atipico. Via gli atteggiamenti da rockstars viziate tipiche di U2 o di grandi rockband americane (Aerosmith, Metallica), al bando pressioni mediatiche su nuovi lavori e gossip quasi inesistente, hanno mostrato al mondo del business musicale che si riesce a campare anche semplicemente facendo quello per cui un gruppo è votato a fare: suonare.
Un gruppo capace di strabiliare il mondo presentando in punta di piedi un capolavoro come Out Of Time, del 91, confezionato da perle come Losing My Religion e Shiny Happy People, che vedeva la presenza di John Paul Jones (storico bassista-polistrumentista dei Led Zeppelin) agli arrangiamenti degli archi e delle mandole. Una band capace di sopravvivere al doloroso distacco dello storico batterista e amico Bill Berry negli anni ‘ 90 a seguito di un’ aneurisma durante il tour di Monster. Tre musicisti ma soprattutto tre amici, Michael Stipe, Mike Mills e Peter Buck. Che consensualmente pongono fine al loro percorso in modo normale e pacifico, senza traumi e ripercussioni legali (come la maggior parte dei gruppi).
Uno scioglimento inevitabile a parer personale, visti ed ascoltati gli ultimi lavori (un pessimo Collapse Into Now, l’ultimo disco recensito da noi), che potrebbe aprire in futuro a carriere soliste (quasi sicuramente Stipe, mentre ingolosisce un Peter Buck solista libero di liberare la propria anima elettrica).
Compresi lavori in studio, live e best of, 25 album all’attivo, più di 80 milioni di copie vendute nel mondo, quando non esisteva Napster o Emule di sorta, e l’unico modo di ascoltare un disco era quello di comprarselo, i R.E.M. si sono fatti beffe di movimenti come la new wave (con la quale hanno flirtato) degli anni ‘80, del grunge di inizio anni ‘90 (nonostante l’amicizia fra Stipe e Kurt Cobain), del britpop di fine anni ‘90, resistendo alle intemperie di generi, mode e angosciosi revivals di nuovo millennio.
“Sometimes everything is wrong. Now it’s time to sing along” R.E.M. – Everybody Hurts.
Marco Della Gatta
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