“Il Rock è morto il giorno in cui è morto John Bonham” (Billy Joel). Così veniva ricordato il mitico John Henry Bonham, celebre batterista dei led Zeppelin, venuto a mancare nel 1980. Un batterista che ha fatto scuola, e che come altri (Ringo Starr, Nick Mason, Keith Moon, roba da far tremare i polsi), ha utilizzato durante il suo percorso artistico rigorosamente batterie Ludwig. Abbiamo fatto una chiacchierata con Giovanni Di Paola, batterista del tributo “The Beatall” e appassionato collezionista di batterie Ludwig.
Allora Giovanni, come e dove nasce la Ludwig?
La Ludwig nasce per mano di William F. Ludwig e suo fratello Theobald nel 1909 con la fabbricazione di pedali per cassa di cui ricevettero il brevetto il 25/05/1909. Nasceva la più importante fabbrica di percussioni al mondo.
Parlando degli anni ’60, e di Ringo Starr, il primo grande batterista ad apprezzare batterie di questa marca, quali e quante sono state le sue Ludwig in quel periodo?
A partire dal 1963, Ringo ha avuto in tutto 5 batterie Ludwig, di cui ancora oggi è il possessore. Due set Super Classic con misure 20″ 12″ 14″, 2 set 22″ 13″ 16″ in finitura Oyster Black Pearl, un set Hollywood in colore natural (misure 22″ 12″13″16″). Il rullante per tutti i set succitati è sempre il Jazz Festival 14×5 in finitura OBP in luogo dei più pregiati Supersensitive e Supraphonic in lega d’alluminio brevetto Ludwig. Del primo set oggi resta solo il rullante ed il tom. Alcune fonti sostengono che il rullante sia uno solo, sempre lo stesso dal ’63 al ’70. Le pelli con la scritta “The Beatles” – in totale sette – non sono più in possesso di Ringo Starr oggi, ma sono andate all’asta o perdute. Inoltre, la Ludwig nel settembre del 1964 donò a Ringo un Supersensitive placcato in oro come ringraziamento per aver scelto Ludwig. Ringo possiede ancora quel rullante.
Negli anni ’70 c’è stato l’avvento di John Henry Bonham. Qual’era il suo drum – set?
Bonham ha iniziato con Ludwig in finitura Green Sparkle con cassa da 26″, ma le più famose sono certamente le Amber Vistalite, un altro brevetto Ludwig, ovvero le famose batterie in plexiglas trasparente. Bonham ha adoperato anche Ludwig in acciaio inox, ovvero le Stainless Steel, oggi molto rare e costose. Su tutti i set ha sempre utilizzato il tom sospeso con l’attacco a rotaia sulla cassa da 10″ x 14″, due timpani da 16″ x 16″ e 16″ x 18″,e come rullante sempre e solo il mitico Supraphonic 14×6,5.
Quali sono i pezzi più pregiati sul mercato, attualmente?
Oltre alle Black Oyster Pearl, celebri grazie a Ringo, la finiture più pregiate e rare sono le Galaxy. Costruite solo per 2 anni, all’epoca non furono apprezzate. Poi ci sono le Tivoli Vistalite fatte in plexiglas illuminate dall’interno e le Stainless Steel tutte in acciaio. Fra i rullanti sono pregiati i Jazz Festival ed i Supersensitive costruiti negli anni ’60.
Che modello consiglieresti ad un giovane batterista che voglia fare il “salto di qualità”?
Certamente oggi la Ludwig non è assolutamente come quella degli anni ’50, ’60 e ’70. La globalizzazione e la standardizzazione dei modelli hanno portato ad un peggioramento della qualità e ad un appiattimento dei suoni che si uniformano tutti. Batterie di marche diverse suonano tutte allo stesso modo! Già dalla fine degli anni ’70 e soprattutto negli anni ’80 le batterie giapponesi hanno scalzato dal trono la Ludwig. Pearl e Yamaha oggi sono strumenti superiori e con un buon rapporto qualità\prezzo. Indubbiamente dipende sempre dal genere musicale che si suona ed il mio consiglio è di provare\sentire più modelli; ogni casa comunque ha una produzione standard ed una top, anche Ludwig produce modelli economici in Cina e modelli fatti interamente in USA come la Legacy, abbastanza simile a quelle di un tempo. Per me le Ludwig finiscono nel 1976 con l’abolizione degli anelli in acero di rinforzo all’interno dei fusti, ma questa è un’altra storia….
Grazie per le delucidazioni Giovanni, ci vediamo ad una serata dei Beatall!
Grazie a te e un saluto a tutti i lettori!
Marco Della Gatta
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