Seduti sulla panchina di Verona nei pressi del concerto vi sono due vecchietti, i classici nonnini di una volta: capelli candidi e due paia d’occhiali.
Si accingono anche loro ad entrare nell’arena e…chissà…forse hanno pensato fosse un concerto di musica classica: si siedono sulle gradinate e la gente gli passa davanti… dolcissimi.
Un sospetto viene, quando si notano i braccialetti al polso della donna, non un orologio magari vecchio stampo ma braccialetti coloratissimi e giovanili; inoltre la signora ha dei capelli a caschetto bianchi, quasi fosse una fan dei Beatles di qualche tempo fa.., ma probabilmente è un’impressione.
Il concerto è alle prime note e la nonnina si trasforma ed è un climax per tutta la serata: con “ All my loving” si agita sulla sedia quasi come se scottasse, con “ Obladi Oblada” si alza in piedi con altri giovani e batte le mani saltando ( il marito si sforza di farla sedere), con “Day Tripper” scuote il caschetto come i Beatlers tanto tempo fa ( il marito è ormai rassegnato), con “ Get back” col bacino simula il tipico ritmo “ galoppante” della batteria…
Finito il concerto ha i ciuffi bianchi che si muovono in direzioni opposte, ma lei è felice ed è questo l’importante.
In un concerto di Paul Mc Carteny c’è prima di tutto gran musica e spettacolo, ma esistono anche questi siparietti: giovani di vent’anni che si scatenano assieme a nonnini di più di settanta.
Un tempo John Lennon invitava la famiglia reale in tribuna a scuotere i gioielli, al posto di applaudire: ieri la platea di “vip” non si limitava a muovere i gioielli, ma alzava striscioni e balzava in piedi in preda all’entusiasmo.
Lo schermo gigante faceva apparire Paul per quella che è: un ragazzino in un corpo d’artista geniale, di là di qualche tintura eccessiva.
Sforzandosi generosamente ha cercato spesso di parlare in italiano.
E’ un concerto che racchiude diverse sensazioni.
L’energia del rock dal vivo: “Let me roll it”, “Back in U.S.R.R.”, “ Day Tripper” , “ Carry that weight” e soprattutto “ Helter Skelter”.
L’emozione: “Here Today” ( dedicata al “ suo amico John”, in un’arena silenziosissima ), “ Something” ( dedicata al “suo amico George” che parte delicata e caraibica con l’ukelele, amato da George Harrison, salvo poi farsi rock nello stupendo assolo ), “ Maybe I’m amazed” ed un nuovo brano ( dedicati rispettivamente all’indimenticabile Linda e Nancy Schevell, l’attuale moglie ), “Your mother should know” e “Lady Madonna” ( tacitamente dedicati alla madre Mary, con tanto di diapositive sullo sfondo).
Lo spettacolo: “Live and let die”, con lancia fiamme davanti al palco e fuochi artificiali alle spalle (durante il ritornello era un’esplosione demoniaca )
La sorpresa: il magico Paul ha suonato brani che non aveva mai eseguito in Italia, come “Another day”, “Lovely Rita, “ All togheter now” e “ The benefit of Mr Kyte” ( per gentile concessione, essendo un brano dichiaratamente di John).
Curiosamente la carriera solista è quasi del tutto incentrata sull’album “ Band on the Run” e alcuni brani del primo periodo senza gli Wings; inoltre pesa l’incomprensibile assenza di “ Michelle”, che la gente chiede a gran voce.
Memorabile è il momento del bis, quando la band sembra lasciare il palco e l’arena a cappella intona il ritornello di “ Hey Jude”.
Terminato il concerto, un pensiero è nella mente di tutti: un tempo si diceva “ All you need is love”, da stasera si dirà “ All you need is Paul”.
Rey Brembilla
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