La maschera del demonio. La ragazza che sapeva troppo (1962). E ancora: Roy Colt e Winchester Jack (1970), Cani arrabbiati e Reazione a catena (1971). Dall’horror gotico al giallo all’italiana al cinema pulp il passo è breve. Se sei un genio degli effetti speciali con una particolare propensione per quelli più cruenti. Questo è Mario Bava (31 luglio 1914 – 25 aprile 1980), regista, sceneggiatore e direttore della fotografia passato quasi inosservato nel panorama cinematografico italiano, che però ha riscosso enorme successo all’estero e ha ispirato l’opera di registi di calibro internazionale come Quentin Tarantino, Tim Burton e Martin Scorsese. Tutti nomi altisonanti, che hanno dichiarato di aver apprezzato prima e “riciclato” poi alcune delle idee, geniali nella loro semplicità, di quello che dagli esperti viene tuttora considerato un maestro e un pioniere del cinema italiano.
Inventore di generi diversi, tra cui il pulp, l’horror gotico, lo spaghetti western comico e il filone slasher alla “Scream”, Mario Bava mostra sin da bambino un talento e un interesse particolare per il cinema. Figlio d’arte (suo padre, Eugenio Bava, fu scenografo e direttore della fotografia del cinema muto), Mario respira sin da piccolo le magiche atmosfere del cinema, all’epoca ancora muto, trovandosi a lavorare per l’industria cinematografica nel fecondo momento di passaggio al sonoro. Nel 1939 iniziò a lavorare con Roberto Rossellini. Erano gli anni del Neorealismo, corrente molto fertile del cinema italiano, che nei primi anni ’40 gli procurò una serie di collaborazioni con registi-cult come De Robertis, Monicelli e Comencini.
Noto per il caratteristico uso irrealistico del colore e l’utilizzo spropositato dell’espediente stilistico dello zoom, il cinema di Mario Bava è sostanzialmente un cinema d’atmosfera, più che di contenuti, in grado di trasportare lo spettatore in un immaginario parallelo gotico e cruento, che scuote i sensi e fa vibrare l’animo, proiettandolo direttamente nel vivo della scena di terrore. Tutto questo, con una disponibilità economica quasi sempre limitatissima. È questo il tratto distintivo che fa di Mario Bava un genio: riuscire a realizzare effetti speciali efficaci con metodi semplici e a costi ridotti, dando alla luce dei capolavori immortali, in un epoca in cui il cinema ancora non poteva contare sulle moderne tecnologie digitali per rendersi spettacolare.
Giuliana Gugliotti
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