Raccontare la crudeltà della guerra, l’orrore dei campi di concentramento dove persero la vita 6.000 ebrei attraverso immagini forti e dure, che farebbero rabbrividire anche chi a raccontare storie di sangue, orrore e violenza ci è abituato, non è cosa semplice. Dopotutto nulla può essere più crudele dell’uomo e più spietata della vita e nessun film, per quanto ben realizzato, può inquietare quanto la bruta realtà. Difatti sono immagini forti, di dolore e crudeltà, ma anche ricche di speranza e empatia quelle realizzate da Alfred Hitchcock nel 1945, subito dopo l’apertura dei campi di concentramento di Bergen-Belsen.
Un documentario-verità che mostra l’orrore ripreso in diretta e un Hitchcock assolutamente insolito nei panni di inviato speciale per la Gran Bretagna, incaricato di realizzare un filmato all’alba dell’apertura dei cancelli dei campi di concentramento e raccontare così la liberazione degli ebrei che riuscirono a uscirne salvi.
Era il 1945 quando Sidney Bernstein, un grande magnate dei media britannici, nonché amico di Hitchcock lo chiamò, perché collaborasse ad un documentario sull’Olocausto prodotto dalla British Army. Hitchcock, impegnato in quell’anno nella realizzazione di “Notorius” (1946), partì per la Gran Bretagna e qui lavorò sul materiale ripreso nei campi di concentramento di Auschtwitz e Dachau da truppe inglesi e sovietiche, curandone il montaggio e le direttive generali. Le immagini di montagne di corpi abbandonati tra i tanti detenuti denutriti e malati che giravano senza meta nei campi di concentramento sconvolsero così tanto il maestro del brivido che fu costretto per una settimana ad abbandonare il progetto, allontanandosi dai Pinewood Studios. Hitchock concluse comunque il lavoro commissionato dall’amico Bernstein, ma la pellicola rimase nascosta per molti anni.
Il documentario, intitolato “Memory of the Camps”, inizialmente voluto dagli alleati, non venne più proiettato nell’immediato dopoguerra proprio a causa delle dure immagini contenute e che non avrebbero in nessun caso aiutato la pacificazione e la riconciliazione. Nel 1980 un ricercatore americano portò alla luce cinque delle sei bobine complessive che componevano il filmato, ritrovate impolverate e arrugginite in un vecchio magazzino di un museo londinese. Il filmato, seppur incompleto e nella sua versione grezza, fu proiettato al Festival di Berlino del 1984, e l’anno dopo proiettato anche in tv da un’emittente americana.
L’ultima delle sei bobine del docu-film sui lager è stata finalmente riportata alla luce e l’Imperial War Museum sta curando il restauro del prezioso documento che porta la firma del genio di Hitchcock, includendo anche materiale mai mostrato nel 1984. Il documentario sarà disponibile per la fine del 2014 per i festival e per i cinema, e probabilmente sarà trasmesso anche dalla tv inglese il prossimo anno. Un filmato prezioso che non è solo un racconto della violenza e della crudeltà dell’uomo o del carattere autodistruttivo della guerra, ma sottolinea anche il ritorno e la speranza alla vita dei deportati, finalmente liberi di varcare i cancelli dei lager e tornare a quella vita che era stata loro negata.
Maria Scotto di Ciccariello
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