Un terremoto di 8.9 magnitudo della scala Richter che squarcia strade e fa crollare case. Un’umanità spazzata via dalla forza distruttrice delle acque alte 10 metri. Sembrava di essere nel mezzo di un kolossal catastrofico. Purtroppo non ci sono trucchi, niente computer graphic, né stuntman. Non siamo in un film, tutto è drammaticamente reale. Le immagini terrificanti che in questi giorni ci sono arrivate dal Giappone fanno impallidire anche il più geniale dei registi, abituato a servirsi degli effetti speciali più sofisticati per descrivere almeno in parte la potenza devastante di cui è capace la natura. Ma per quanto realistiche, le visione cinematografiche restano relegate nel campo della fantascienza mentre la realtà, come ci ha dimostrato la tragedia che ha colpito il paese del Sol Levante, spesso riesce a superare la fantasia. E se di fronte a quella si resta impassibili e attoniti, a guardare sullo schermo alluvioni, asteroidi che si abbattono sulla terra, terremoti, vulcani che esplodono, tornado, glaciazioni, extraterrestri che minacciano l’uomo, bombe atomiche che distruggono il pianeta e via dicendo, il pubblico si esalta.
L’epopea cinematografica del disastro è assai fertile. L’industria del cinema negli ultimi 40 anni si è sbizzarrita a produrre effetti speciali all’avanguardia e riprese ad altissima spettacolarità in grado di rendere i cataclismi da celluloide quanto più realistici possibile. E’ del 1933 il film considerato capostipite del genere, La distruzione del mondo (Delug) di Felix Feist. Ma la consacrazione vera e propria avviene solo negli anni ’70, con l’avvento del catastrofismo “moderno” che coincide pressappoco con l’uscita nelle sale di Airport (1970) e quattro anni più tardi de L’inferno di cristallo (1974). A mettere a rischio la civiltà umana non ci sono più solo disastri naturali e animali (citiamo Terremoto del 1974, Swarm del 1978 e Meteor del 1979), ma anche le azioni degli uomini stessi, e ciò che essi hanno costruito. Dopo un decennio di break creativo, il genere catastrofico tornerà di moda prepotentemente, rinvigorito dall’avvento della grafica computerizzata, a partire dagli anni ’90. Il film che segna la svolta è Independence day, kolossal campione di incassi del 1996 diretto da un maestro del genere, Roland Emmerich. Da allora i disaster movies non hanno più abbandonato le sale cinematografiche, e sono arrivati i vari Armageddon, Twister, Dante’s Peak, Deep Impact, The Day after Tomorrow, 2012.
Ma perché hanno tanto successo queste pellicole? Cos’è tutta questa voglia collettiva di disastri cinematografici? Il pubblico al cinema è sempre andato alla ricerca dell’insolito, di esperienze che difficilmente si crede possano avvenire nella vita quotidiana, e alle quali, probabilmente, non si riuscirebbe a sopravvivere. E non c’è nulla di più terrorizzante e ineluttabile di quei disastri naturali come tsunami, terremoti e eruzioni vulcaniche che trascendono la volontà umana e mettono a rischio l’esistenza sulla terra. Eppure al cinema l’uomo ha sempre trovato il modo di sopravvivere, di affrontare la catastrofe e di superarla. Non si tratta di un semplicistico happy ending studiato a tavolino, ma di una vera e propria necessità psicologica se vogliamo. Non è un caso infatti che questo cinema abbia vissuto i suoi periodi d’oro in momenti di grande instabilità e incertezza mondiale. Gli Stati Uniti dei primi anni ’30 erano figli della Grande Depressione del ’29, il mondo negli anni ’70 faceva i conti con la crisi petrolifera e i conflitti medio orientali, gli anni ’90 furono gli anni della disgregazione dell’Europa dell’Est, e il nuovo millennio si apre con l’attacco terroristico alle Torri Gemelle. Andare al cinema a vedere l’umanità sopravvivere a situazioni ben più tragiche di quelle che si vivono nella vita reale, e a illudersi che grazie ad un’azione collettiva degli uomini tutto si può superare, è una grande iniezione di speranza e fiducia nel futuro. Come sosteneva Aristotele, la rappresentazione collettiva delle nostre angosce funziona da catarsi personale. Al sicuro tra le mura di una sala guardiamo in faccia le nostre paure più recondite e ce ne liberiamo.
Per una filmografia della catastrofe vi consigliamo la visione di :
Airport (1970) – Un folle dinamitardo minaccia di far saltare in aria un aereo in rotta da Chicago a Roma.
L’inferno di cristallo (1974) – Un inferno di fuoco scatena il panico in un grattacielo di cristallo alto 138 piani.
Armageddon – Giudizio finale – Un enorme asteroide minaccia la terra Terra. La Nasa invia una squadra nello spazio per farlo esplodere con una testata nucleare a tempo.
The Day After Tomorrow – Eco-movie sulle conseguenze catastrofiche che potrebbe innescare il riscaldamento globale del clima.
Deep Impact (1998) – Una cometa è in rotta di collisione il pianeta. Il genere umano ha un anno di tempo per organizzarsi a sopravvivere all’impatto.
Dante’s Peak (1997) – Un vulcano inattivo si risveglia inaspettatamente minacciando la vita di 7000 persone.
Magnitudo 10.5 – L’incubo di sentire tremare la terra sotto i piedi. Un terremoto violentissimo devasta le coste americane nordoccidentali.
Twister – La forza devastante degli uragani.
2012 – Un’avventura epica che punta su una delle nostre più recenti e radicate paure: la fine del mondo.
Vajont – La forza distruttrice dell’acqua e la superficialità umana. Catastrofe purtroppo realmente accaduta nel 1963.
Enrica Raia
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