Il premier, Silvio Berlusconi, durante una cena elettorale a Torino ha detto: “Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente”.
A monte di queste dichiarazioni non dobbiamo dimenticare che Gheddafi è sempre il tiranno che mandò i suoi terroristi libici ad abbattere l’aereo di linea di Lockerbie sui cieli della Scozia e che ebbe un ruolo non da poco con i suoi terroristi nell’attentato del 1986 alla Birreria La Belle di Berlino dove morirono molti soldati americani.
Oggi possiamo confermare che i nostro governo sebbene riluttante è entrato in guerra,costretto dall’eccitazione franco-britannica. Ma adesso, condividendo le perplessità che emergono nelle ultime ore persino dal Pentagono, l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi cerca una soluzione diplomatica al conflitto libico. Soluzione che deve tuttavia passare, in prima battuta, dall’imporre una frenata alla baldanza francese. Per questo Berlusconi prima e Napolitano poi, hanno chiesto che il comando delle operazioni militari sia affidato alla Nato, e il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha rafforzato il concetto: “O il comando passa alla Nato o ci riprendiamo le basi”.
E proprio ieri in serata Barack Obama ha annunciato che così avverrà, “nel giro di giorni e non di settimane”.
La sintonia con Giorgio Napolitano protegge la posizione del governo, ma Berlusconi pensa che un altro modo di affrontare la questione libica sia possibile. Qualora il cessate il fuoco imposto ieri dovesse funzionare, potrebbe anche aprirsi una via d’uscita diplomatica al conflitto. Una strada che il premier vorrebbe promuovere puntando sulla triangolazione con gli scettici: la Lega araba, la Russia e la Germania. Ma prima sono necessari dei passi intermedi, interni alla coalizione dei cosiddetti “volenterosi”, che facciano chiarezza sulle reali intenzioni dei paesi finora più interventisti e autonomi, come la Francia e l’Inghilterra anche se questa sembra ormai aver cambiato posizione.
L‘Italia adesso comincia a chiedersi chi realmente comanda la missione e qual sono gi scopi effettivi? Si tratta di proteggere i civili o mandare via il dittatore? O che altro? Chi si occuperà degli effetti della guerra in termini di immigrazione e rischio terrorismo? Gli alleati e l’Europa ci aiuteranno?”.
Si tratta di alcuni dei temi affrontati ieri dal Cdm, che aveva deciso di chiedere con forza che sia la Nato a guidare le operazioni militari. Richiesta che ha trovato l‘appoggio quasi immediato da parte degli americani.
Al comando affidato alla Nato la Francia è contraria e – forse più importante – lo è anche la Turchia. Ma porre la questione della catena di comando, da parte dell’Italia, rientra nella logica che punta a frenare i paesi (come la Francia) che intendono la missione in Libia non tanto per proteggere la popolazione – come autorizza la risoluzione 1.973 – ma per sconfiggere Gheddafi. Ha detto Frattini, con una minaccia neanche tanto occulta: “Se non si arrivasse a un comando unico sotto l’ombrello della Nato, dovremo trovare un modo affinché l’Italia assuma la responsabilità del controllo sulle proprie basi”. In poche parole non vogliamo essere corresponsabili di eventuali altre stragi che gli aerei della pace possano portare nella popolazione civile.
«È la Nato – dice il titolare della Farnesina – che deve prendere il comando, altrimenti l’Italia potrebbe riservarsi l’uso delle proprie basi solo per operazioni a comando condiviso».
La linea italiana sarà espressa anche dalle due mozioni di indirizzo che il centrodestra si prepara a portare mercoledì in Aula per il voto. La Lega è sin dall’inizio la forza politica più scettica nei confronti del conflitto in Libia, ma ieri i ministri padani, rassicurati dal premier, hanno fatto uno sforzo di unità. Le mozioni per il momento sono due, una della Lega e una del Pdl, ma è verosimile che alla fine vengano accorpate.
Queste in sintesi le indicazioni dei partiti di maggioranza al governo: rispetto del trattato Italia-Libia che tutela l’Italia dal punto di vista delle risorse energetiche; rispetto integrale della risoluzione 1.973 del Consiglio di sicurezza dell’Onu; impegno affinché, attraverso il blocco navale, si impediscano gli sbarchi di clandestini; impegno comune di tutti i paesi europei nella gestione dell’emergenza umanitaria e dei profughi. L’Italia chiede un blocco navale del Mediterraneo per affrontare i problemi legati all’immigrazione. Ed è assai probabile che domani si trovi una sintesi tra la mozione della Lega e quella del Pdl, sia sulle caratteristiche «umanitarie» dell’intervento sia sull’emergenza immigrazione. Perché un voto chiaro del Parlamento è necessario per piegare Sarkò al Consiglio europeo.
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