Dalla fine dell’ultima guerra mondiale fino al 1994, la Democrazia Cristiana fu il partito egemone in Italia, il movimento di centro per eccellenza: dominava perché rappresentava il voto dei moderati, opposti al pericolo comunista (difatti il crollo del comunismo determinò il collasso della Dc).
Il colore tipico del partito (bianco) e la sua grande struttura, ribattezzò la Dc: “Balena bianca”; il soprannome rammenta il celebre romanzo di Herman Melville, in cui l’indomito capitano Achab da la caccia al gran cetaceo.
Dopo il 1994, diversi partiti tentarono di ricreare una nuova “balena bianca”, ma fallirono costantemente: ogni volta asserendo (evidentemente senza basi d’opinione ) che la gente auspicasse una rinascita democristiana.
La formazione di centro fu sempre composta da diversi nomi e differenti storie.
Nelle elezioni del 1994, il primo tentativo fu impostato da Mariotto Segni.
Il figlio dell’ex presidente della repubblica si sentiva forte dal successo dei suoi referendum, che avevano mutato la politica italiana del periodo post-tangentopoli: creò il “Patto per l’Italia” o meglio conosciuto come “Patto Segni”, una coalizione d’ex democristiani e repubblicani.
Il primo sogno centrista fu drammaticamente ridimensionato e compresso tra il “boom” del “Polo delle Libertà” e il secondo posto dell’“Alleanza dei progressisti”: appena 15,63% ( per la camera dei deputati) e 16,69% (per il senato) furono le percentuali dei voti.
Fu alle elezioni politiche del 2001, evidentemente dopo una lunga riflessione, che fu tentata una nuova manovra di centro.
Stavolta il partito si chiamò “Democrazia Europea”: segretario fu l’ex sindacalista cattolico Sergio D’Antoni, ma il “padre nobile” fu chi di “centro politico” se ne intendeva, Giulio Andreotti (oltre all’ex “collega” Emilio Colombo).
Andreotti e Colombo parevano una garanzia per la riuscita di nuovo sistema centrismo e addirittura Pippo Baudo tentò la candidatura: il risultato fu del tutto inferiore alle attese(3,5% alla camera e 3,15% al senato).
La sconfitta fu talmente bruciante, da desistere (per lunghi anni) da ogni altra avventura:
Il sogno centrista ritornò sette anni dopo, attraverso Pier Ferdinando Casini.e l’Unione di Centro.
Questa volta il risultato non fu per niente negativo(5,62% alla camera e 5,69 al senato): non si creò l’auspicato “grande centro”, ma l’Udc divenne l’ago della bilancia della legislatura appena nata.
Il risultato lusinghiero fu il frutto dell’intelligenza politica di Pier Ferdinando Casini.
Infine alle elezioni del 2013, lo schieramento fu più che mai variegato, credibile e compatto: Pier Ferdinando Casini con l’“Unione di Centro”, Gianfranco Fini (l’ex alleato di Berlusconi) con “Futuro e Libertà”, l’appoggio nobile di Luca Cordero di Montezemolo e addirittura l’ex premier Mario Monti con “Scelta Civica” (candidato di lista e probabilmente ammaliato dalle sirene politiche).
Lo schieramento, in teoria serio e sicuro, fu rovinato dall’avvento del “Movimento Cinque Stelle”, che scombinò le carte in tavola: le percentuali furono inferiori alle previsioni (10,56% alla camera dei deputati e 9,13% al senato) e addirittura non fu eletto Gianfranco Fini.
Pier Ferdinando Casini, ormai ridotto ad uno sparuto gruppo, ha visto abbassarsi i voti nelle successive elezioni amministrative ed europee: “Scelta Civica” si è sciolta e il politico bolognese ha compreso che il sogno centrista è finito per sempre.
Rey Brembilla
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