Predire la data della propria morte oggi si può.
Non è l’ultima trovata truffaldina di qualche sedicente cartomante. Non c’è niente di esoterico o mistico in questa previsione, né tantomeno si tratta di uno scherzo, un simpatico passatempo ideato da qualche giocherellone in internet, lo stesso che qualche tempo fa terrorizzò un bambino di 12 anni comunicandogli – previa raccolta di una serie di informazioni che in realtà hanno uno scarso valore predittivo, e in ogni caso vengono elaborate dal sito in maniera non scientifica – che sarebbe morto a “soli” 79 anni. Non si tratta nemmeno di una sorta di istinto, o sesto senso, che permette di presentire l’arrivo della morte con un relativo anticipo: come quella particolare abilità che spingeva il famoso gatto Oscar, ospite di una casa di cura, a fare le fusa ai degenti che stavano per passare a miglior vita – probabilmente per la sua capacità di fiutare i chetoni, sostanze organiche prodotte dalle cellule morenti.
No, stavolta la “predizione” sembra avere fondamenti scientifici: lo afferma una ricerca, resa nota dal quotidiano britannico The Indipendent, del Centro Nazionale di Ricerche sul Cancro di Madrid, che ha recentemente scoperto un modo “verificato” per calcolare, con un buon livello di approssimazione, quanto ancora ci resta da vivere. Come? Con un semplice (ma salatissimo: costa 500€!) esame del sangue: basta un prelievo e qualche giorno d’attesa per scoprire quanto tempo ci rimane. Madrina dello studio è Maria Blasco, ricercatrice che, a un certo punto della sua carriera, studiando DNA e cromosomi, ha avuto l’illuminazione: verificare la lunghezza dei telomeri, parti terminali dei cromosomi, per calcolare la velocità di invecchiamento dell’organismo. “Sappiamo che le persone nate con telomeri più corti del normale hanno una durata della vita più breve” ha affermato la Blasco. Quindi, se chi ha i telomeri corti vive meno, considerando che essi si accorciano ogni volta che i nostri cromosomi si duplicano, ebbene la loro lunghezza dovrebbe quantomeno suggerire, in via indicativa, la durata della nostra vita futura, attraverso il confronto tra l’età cronologica del soggetto e l’età biologica, calcolata appunto grazie a questo esame.
Per ora la sua attendibilità non è stata ancora pienamente verificata, ma alta è la percentuale di probabilità che sia valido; intanto, la scoperta ha già suscitato le prime polemiche di carattere etico-sociale, che sempre accompagnano i progressi della scienza, quando questa tenta di svelare i misteriosi segreti della vita e della morte. E Oxford già scaglia la sua invettiva contro la Blasco e la sua équipe, nella persona di Colin Blakemore, capo del Medical Research Council, il quale in proposito ha dichiarato: “Sono scettico su questo test, e preoccupato: soprattutto perché mancano le prove che questa informazione sia utile, e ciononostante l’esame va a toccare argomenti estremamente importanti, come predire l’aspettativa di vita”. Una possibilità che avrebbe sicuramente una serie di ripercussioni di carattere sia individuale, sia sociale. Voi vorreste conoscere la data della vostra morte? Io no. Davanti allo scoglio della morte, alla incomprensibilità della vita e al miracolo dell’esistenza, forse la scienza ha il dovere di arrestarsi, per cedere il passo alle supposizioni, ai dubbi, alle paure che sono parte integrante del nostro essere umani, limitati, fallibili; anziché predire la morte e allungare la vita, la scienza dovrebbe occuparsi di migliorarne la qualità, e lasciare che la morte continui a rimanere nella incerta sfera del Fato. Perché ricordarsi di dover morire è già pesante, ma l’idea di sapere anche quando accadrà sembra quasi insopportabile.
Giuliana Gugliotti
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