Fare musica nelle nostre zone più essere una vera e propria mission impossible. Ancora di più se rappi. Generi come il Rap o l’Hip Hop vedono pochi rappresentanti in giro, e la fine degli anni ‘90 si portò via o quasi un discreto movimento rap specie a Napoli città, purtroppo molto legato a movimenti politici senza mai imparando a camminare da solo.
Big Mo, a.k.a. Marcello Ferrara, è un rapper che alla fine degli anni ‘90 amò e pianse le morti di Tupac Amaru Shakur (2Pac) e The Notorius B.I.G. (Biggie). Muove i suoi passi con skc e blunt smokerz gang. Da poco gira con la sua nuova squadra, la Bossolini Fam, promuovendo la sua ultima fatica, “Profondo South”.
Allora Big Mo, di cosa si contamina “Profondo South”?
Sicuramente “Profondo South” è il prodotto a cui ho apportato piu’ idee e che mi ha portato via piu’ sudore, anche per via delle numerose collaborazioni oltreoceano, ma fortunatamente tutto il tempo dedicato ha avuto un suo ritorno, in quanto abbiamo finito tutte le copie che ci eravamo prestabiliti di vendere. Dal punto di vista delle contaminazioni e’ un album che rispecchia il trend del momento, non perchè’ seguo le mode, ma perché era da anni che avevo intenzione di sviluppare un album con un sound prettamente elettronico, e di conseguenza in questo album c’è poco spazio per sonorità funky come avevo fatto in passato.
Raccontaci un pò del Big Mo di qualche anno fa.
Beh, immagino ti riferisci al Big Mo degli inizi, quello degli anni novanta, che girava per la città cercando di farla diventare un po’ come Los Angeles. Diciamo che tutti i tentativi furono vani, ovviamente, anche se sarebbe bello girare per la città e vedere macchine saltare con le sospensioni automatiche. Il Big Mo del passato era diverso da quello di oggi perché era un sognatore, anche per via della giovane età, oggi analizzo le cose per quelle che sono senza quell’atteggiamento diciamo “gangsta rap” che mi contraddistingueva.
Aversa ha un suo “ghetto”, oppure bisogna lavorare molto di fantasia?
Il ghetto e’ un concetto surreale, molti artisti anche hip hop italiani parlano di ghetto riferendosi non ad un quartiere un po’ degradato, ma a situazioni della vita che ti lasciano solo ed a cui devi reagire. Per quanto mi riguarda non ho mai ritenuto che per fare rap ci fosse bisogno di appartenere ad un ghetto o parlare sempre di questo, e’ uno stereotipo molto anni ’90, anche negli States hanno capito che è un discorso fine a se stesso e che ti chiude in confini molto stretti. Ad Aversa non esiste penso un ghetto o una zona che può chiamarsi tale, chi vuole parlare di ghetto ad Aversa dovrà lavorare molto di fantasia…
Quali sono gli artisti da cui hai tratto ispirazione nel corso degli anni? Ovviamente parliamo di U.S.A., giusto?
Sono molti gli artisti che mi hanno influenzato e a cui devo forse un po’ del mio rap di oggi, negli anni novanta oltre ai defunti Biggie e Pac mi prendevano molto Snoop, Dre, Jay z, Ice Cube, oggi mi influenzano come già detto prima quelli un po’ più “fresh” come sound: Rick Ross, Lil’ Wayne, T.I., Drake. In sostanza comunque tutti artisti americani perché insomma, diciamocela tutta, questa è roba loro e come lo fanno loro noi ci arriviamo sempre dopo un po’ di anni.
Ce la spari una rima a noi lettori de “La Rosa Nera”?
Se Big Mo e’ un must per la gente vera
the best per le news è ancora la Rosa Nera!
Marco Della Gatta
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