Nel bailamme del caso Dell’Utri, latitante ritrovato in un grande hotel libanese, è passato in sordina una frase importante e notevolmente tragi-comica: Silvio Berlusconi ha ammesso di aver inviato Marcello Dell’Utri in Libano per sostenere un politico del posto, vicino a Putin.
E’ curioso che la scelta di Dell’Utri come inviato, cada proprio, mentre l’ex-senatore ha un processo nell’attesa di verdetto ed è discutibile che l’ex premier pensi ad aiutare uno dei protagonisti (secondo tanti in negativo) dell’attuale crisi mondiale.
Probabilmente le accuse che già gravano su Berlusconi e il suo rinnovato rapporto con Renzi, hanno evitato polemiche che in passato si sarebbero scatenate furenti: qualcuno avrebbe potuto ipotizzare che Berlusconi avesse protetto un latitante.
Non sarebbe la prima volta che un politico importante “protegga” un latitante: un precedente avvenne nei primi anni ’80 e fu tale da mischiare rapporti famigliari con politici, compromettendo la rispettabilità di personaggi importanti.
La storia si svolse nel maggio del 1980, allora a Palazzo Chigi c’era il secondo ministero (consecutivo) di Francesco Cossiga.
Il primo ministero del politico sardo aveva funzioni d’attesa (data l’incertezza dei rapporti col Partito Comunista, appena interrotti dopo la coabitazione governativa): in seguito al congresso democristiano (che concluse l’esperienza col Pci) Francesco Cossiga formò il suo secondo governo.
Principale artefice del cosiddetto “preambolo” che concluse l’esperienza governativa col Partito Comunista, fu il democristiano Carlo Donat Cattin: chi era costui?
Fu un esponente della Democrazia Cristiana ed in particolare della corrente di “Forze Nuove”, molto vicina ai lavoratori e al sindacato: Donat Cattin fu un fiero avversario di Confindustria, al punto di essere ribattezzato (durante la lunga permanenza al “ministero del lavoro”) “ministro dei lavoratori”; Donat Cattin nel 1970, partecipò attivamente alla creazione dello “statuto dei lavoratori”.
In quel maggio del 1980, i personaggi citati ebbero vicissitudini legate ad intrecci famigliari, tali da invadere la propria “esistenza pubblica”.
Francesco Cossiga era cugino di terzo grado d’Enrico Berlinguer, leader del Pci e di conseguenza fiero avversario del governo appena nato.
La limpidezza sociale di Carlo Donat Cattin, era “macchiata” dal figlio Marco: terrorista, assassino ed esponente di “Prima Linea”.
Marco Donat Cattin militò clandestinamente nell’organizzazione terroristica di “Prima Linea”, macchiandosi di ben due omicidi: il giudice Emilio Alessandrini e il barista Carmine Civitate.
Nel fatidico maggio del 1980, gli interrogatori del pentito Roberto Sandalo rivelarono la colpevolezza del figlio del politico democristiano e di conseguenza la sua presenza tra le file dell’organizzazione terroristica.
Marco Donat Cattin, poco prima che gli interrogatori fossero resi pubblici, fuggì in Francia e divenne latitante: ovviamente nacque il forte sospetto che qualche “pezzo grosso “ della Dc avesse avvisato Carlo Donat Cattin, che a sua volta contribuì alla fuga del figlio.
Enrico Berlinguer buttò all’aria ogni rispetto di parentela ed accusò duramente lo stesso Cossiga di aver rivelato segreti di stato: il parlamento in seduta comune mise in stato d’accusa il premier sardo, che, però fu scagionato per mancanza di prove.
Francesco Cossiga rimase parecchio deluso dal comportamento del leader comunista, sentendosi tradito nella parentela.
Durante un’intervista del 7 settembre del 2007, Cossiga ammise una parte delle proprie colpe: asserì di essersi in primo luogo confidato col cugino, non aspettandosi un tradimento da parte sua.
Alle rimostranze di Giulio Andreotti riguardo al rispetto del grado di parentela, rimase famosa la battuta di Berlinguer: “ con i parenti si mangia l’agnello, ma non si fa politica”.
Ritornando alla politica d’oggi, l’inopinata frase di Silvio Berlusconi non ha sorto effetti ma se la stessa affermazione fosse stata data nel 1980, probabilmente l’ex premier sarebbe stato accusato di aver protetto un latitante.
Antonio Gargiulo
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