La carriera del giudice Antonio Esposito, celebre per aver condannato Silvio Berlusconi, è notevolmente lunga e basta citare alcuni processi per rendersene conto: il rapimento del piccolo Farouk Kassan, il fallito attentato dell’Addaura a Giovanni Falcone, la sentenza definitiva sul caso Enimont, lo scandalo dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria, lo sporco affare legato alle metropolitane milanesi (la prima grand’accusa alla “Milano da bere” degli anni ’80), le infiltrazioni della ’ndrangheta a Milano, le accuse a Totò Cuffaro, lo scandalo dell’Antonveneta e ben due processi a Berlusconi (All Iberian e Lodo Mondatori).
Puntualmente quando un magistrato è tanto attivo, ecco sbucare una repentina accusa nei suoi confronti ed è il quotidiano “Il Giornale” ad imbastire il processo mediatico.
Si parte dall’accusa d’infangamento volontario di Berlusconi (addirittura è tirata in ballo la rediviva Wanna Marchi, altra “giudicata” da Antonio Esposito, che sostiene che la sua condanna fosse già scritta), si parla di una mania di protagonismo nel “colpire” i Vip e di misteriosi “regali” (una Mercedes e numerosi pranzi a sbafo), si tira in ballo una dichiarazione (datata 1980) d’alcuni deputati comunisti che lo accusavano di processi faziosi ed infine si accusa di svolgere un doppio lavoro (vietato per un magistrato) come responsabile di un ateneo privato.
Antonio Esposito ovviamente ora querelerà e si difenderà, ma il suo è un destino segnato: chi più accusa, alla fine, è regolarmente accusato.
Un primo caso eclatante non era un magistrato, bensì un poliziotto e il suo campo non fu la politica, ma la musica: è lo strano caso del Sergente Norman Pilcher.
A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 il Sergente fece “strage giudiziaria” di rock star, in un periodo in cui la droga faceva da padrona: Donovan, Eric Clapton, Mick Jagger, Brian Jones, Keith Richards, George Harrison ed infine John Lennon e Yoko Ono.
Puntualmente anche il Sergente Pilcher fu colpito dalla stessa arma e nel 1972 dovette subire alcuni anni di prigione: probabilmente tentato da manie di protagonismo cercò di modificare un’accusa attraverso false prove.
Tornando al caso italiano e ai tempi più moderni, la maledizione dell’accusato ha colpito anche Antonio Di Pietro: in questo caso la sua fama è direttamente proporzionale alle accuse crollate su di lui.
E’ inutile ricordare la sua carriera di magistrato: protagonista dell’epopea di Tangentopoli che scalzò l’intera classe politica in Italia.
Le prime accuse su Di Pietro fioccarono nel 1995, quando fu accusato dal Giudice Salomone di concussione e traffici illeciti con una società di costruzioni.
Di Pietro non fu mai realmente imputato (anzi si profilò la figura di Berlusconi come “mandante”) ma per “sicurezza”, il Giudice Salomone fu spostato in un’altra procura che per “grave inimicizia “ col famoso magistrato.
L’arma preferita di Di Pietro fu la calunnia e difatti fu denunciato per ingiurie al Presidente Napolitano e solo l’immunità parlamentare lo salvò dalle denunce del Giudice Filippo Verde e del politico Salvatore Cuffaro.
Le accuse a Di Pietro furono varie: doppia professione (perciò fu sospeso dal foro di Bergamo), collusione con personaggi indagati per mafia (furono divulgate fotografie sue in compagnia con l’ex poliziotto Bruno Contrada) ed uso personale di fondi destinati al suo partito politico.
Dopo la politica e la musica non possono mancare gli scandali legati ai personaggi dello spettacolo ed ecco improvvisamente affiorare la giovane e affascinante figura del Pm anglo italiano Henry John Woodcock.
L’astro nascente della magistratura italiana oltre ad avviare numerose inchieste politiche, accusò anche celebri personaggi televisivi (come il cantante/manager Tony Renis e la giornalista Anna La Rosa).
Fu un magistrato bipartisan perché accusò Gasparri, Storace, i fondi neri della “Lega Nord” ma anche Latorre ( braccio destro di D’Alema).
Addirittura colpì Vittorio Emanuele di Savoia per favoreggiamento alla prostituzione e traffico d’armi: il figlio del re d’Italia fu assolto da ogni accusa, ma dovette subire l’onta della prigione.
Inoltre Woodcock promosse lo scandalo di “vallettopoli”(ricatti sessuali per entrare nel mondo dello spettacolo) che colpì Elisabetta Gregoracci, Flavio Briatore, Lele Mora e Fabrizio Corona.
Un tale attivismo non poteva che attirare il destino degli altri “accusatori”: sospetti furono i processi a carico di Vittorio Emanuele e di “Vallettopoli” in cui non si trovò il minimo straccio di prova e gli imputati furono totalmente assolti.
Inoltre la soubrette Elisabetta Gregoracci denunciò pressioni per confermare alcune accuse.
E’ difficile comprendere se la figura dell’accusatore a sua volta accusato, sia una coincidenza o l’intento di qualcuno che vuole “punire”il proprio aguzzino.
Nessuno mai lo saprà, ma evidente è il destino che colpisce chiunque decida di diventare giuridicamente un “protagonista”.
Rey Brembilla
Riproduzione Riservata ®