«Voi non conoscete la fatica di vivere a Manhattan al 38esimo piano, mentre, voi smidollati non avete avuto neppure il coraggio di sfasciare un bancomat. Amo la pace e l’amo tanto che sarei disposta a radere al suolo una città e a non fare prigionieri. Amo la guerra perché mi fa sentire viva». (Sabina Guzzanti – imitazione di Oriana Fallaci)
Dal pubblico arrivò la frase: «Ti venisse un cancro». E la Guzzanti rispose: «Ce l’ho già e ti venisse anche a te e alla tu’ mamma».
La Fallaci rispose alla Guzzanti dichiarando:
«Giovanotta, essendo una persona civile io le auguro che il cancro non le venga mai. Così non ha bisogno di quell’esperienza per capire che sul cancro non si può scherzare. Quanto alla guerra che lei ha visto soltanto al cinematografo, per odiarla non ho certo bisogno del suo presunto pacifismo. Infatti la conosco fin da ragazzina quando insieme ai miei genitori combattevo per dare a lei e ai suoi compari la libertà di cui vi approfittate».
Queste frasi, l’attacco di Sabina Guzzanti e la risposta di Oriana Fallaci, colgono il nocciolo di quest’articolo, in altre parole il clamoroso fraintendimento con cui la cultura odierna dipinge la Fallaci: una donna profondamente progressista che improvvisamente diventa conservatrice e guerrafondaia.
Le ultime vicende riguardanti l’integralismo islamico, riaccendono i fari sulla celebre giornalista: colei che all’indomani dell’attentato alle “torri gemelle”, scrisse di getto due libri che attaccavano profondamente la religione e la cultura islamica, profetizzando un islam che avrebbe pericolosamente dominato il mondo.
Secondo alcuni furono parole giuste, secondo altri sbagliate o eccessive, ma i due libri vendettero tantissimo e crearono scandalo: la cultura di sinistra dipinse la giornalista come razzista, xenofoba e qualcuno ironizzò addirittura sul suo tumore, che la portò via poco tempo dopo.
Razzista, guerrafondaia: aggettivi che si avvicinano alla cultura nazista e in certe parti fascista; curioso paragone dato a una donna, che in adolescenza, fu staffetta partigiana a Firenze.
La Fallaci difatti non seguì la guerra civile tappata in casa o in esilio, ma rischiò la vita sotto i bombardamenti di Firenze, inforcando la sua bicicletta sotto il fuoco nemico: da quel momento odiò il fascismo, il nazismo e qualsiasi dittatura che impedisse la libertà.
La sua intera esistenza fu un inno al progressismo e alla libertà, altro che conservatrice.
Da adolescente si scrisse al “Partito d’azione”: classico movimento post-bellico apprezzato dagli intellettuali progressisti, gli stessi che poi mortificarono Oriana tanti anni dopo.
Le opere della giornalista, antecedenti ai celebri saggi “anti islamici”, sono esplicative verso il suo ideale genuinamente progressista, anche polemiche verso il sistema americano, che al contrario oggi sembra dipinto su di lei.
Già il primo sguardo della giovane fiorentina, verso gli Stati Uniti non fu certo benevolo, la sinistra se ne compiacque: difatti frequentò Hollywood e ne scrisse un libro (“i sette peccati di Hollywood”) dove denuncia le ipocrisie private degli attori, esaltati dall’opinione pubblica.
Il primo romanzo (”Penelope alla guerra”) è la storia di una ragazza italiana che approda in America per inseguire un sogno ma si trova catapultata in una società moralmente discutibile, al punto che preferisce tornarsene al paese natio.
“Se il sole muore”, da una parte esalta l’inventiva americana per la ricerca spaziale, ma dall’altra disprezza gli astronauti, poichè uomini addestrati a non avere un cuore ma solo un animo scientifico a stelle e strisce: un trattamento non certo tenero ebbero i “favolosi tre” che approdarono sulla luna (conosciuti bene e dipinti come gente fredda).
Intervista il grande Whemer Von Braun (ricordando che il grande scienziato fu chi progettò le temibili “V2” lanciate dai nazisti su Londra) ed ha angoscianti reminiscenze adolescenziali, mentre intervista il pilota americano che bombardò Firenze: dietro le righe fa notare come gli Stati Uniti non siano certo un popolo di santi e anzi pecchino di cinico opportunismo.
Anche nella vita privata fu coerente con la sua sete di libertà.
Si legò sentimentalmente ad Alekos Panagulis, eroe della libertà greca contro il regime dei colonnelli: la coppia sarà amica di Pier Paolo Pasolini e, scossa dalla tragica morte dell’intellettuale, porterà avanti la teoria di un omicidio politico.
Quando lo stesso Panagulis rimarrà vittima di un incidente “dubbio”, la Fallaci lotterà duramente per accusare i presunti mandati del suo assassinio.: scriverà un libro sulla vita dell’amato, intitolato “un uomo”.
L’eternamente acceso ideale progressista la porta a scrivere “Lettera a un bambino mai nato”: grandi vendite ma anche clamorosi scandali, poiché l’autrice non ha scrupoli a teorizzare una legittimazione dell’aborto.
L’ultima opera che denota il suo profondo pacifismo è “Insciallah”: un romanzo imperniato sul contingente militare italiano in Afghanistan, che descrive le assurdità dell’essenza umana di alcuni soldati, nel bel mezzo di una guerra.
Il romanzo che stava scrivendo e dovette interrompere, era “Un capello pieno di ciliegie”: la storia della sua famiglia, in cui, come di consuetudine, siano esaltati gli spiriti ribelli come lei.
Sabina Guzzanti la descrisse come una signora in poltrona, chiusa nel suo grattacielo: ma evidentemente si dimentica che la Fallaci fu un’impavida giornalista d’assalto.
Fu la prima corrispondente femminile in guerra, in Vietnam e ne scrisse un libro (“Niente e così sia”) dove in modo totalmente obiettivo, critica sia i Vietcong e sia i militari americani, incassando rispettivi rimproveri dall’area comunista e capitalista.
Fu presente a Città del Messico, durante una manifestazione studentesca contro un regime dittatoriale: fu ferita e scappò per miracolo dall’obitorio, dove già era considerata morta.
Ebbe il coraggio di compiere numerose interviste ai grandi della terra: coerente con la sua obbiettività fece infuriare sia Kohmeini e Gheddafi (prime avvisaglie di un’avversione verso l’integralismo islamico) e sia lo Scià, Kissinger e i grandi nomi della Cia.
La stessa obbiettività trasuda in “il sesso inutile”: inchiesta sulla donna nel mondo, in cui condanna sia la visione araba sia quella americana, quasi agli antipodi.
Pacifista. Progressista, amante della libertà, contraria a ogni dittatura: eppure della Fallaci è esaltato e accentuato solo l’ultimo periodo e quindi paradossalmente si trasforma in razzista e profondamente conservatrice.
Rey Brembilla
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