Fine anno, tempo di bilanci. Questa settimana ho curiosato per vedere il trend delle principali economie mondiali. Siamo a conoscenza delle discussioni sul fatto che il PIL sia poco significativo come indicatore capace di “raccontare” la situazione di un paese. Infatti si sta facendo avanti l’ipotesi che siano altri gli indicatori da tener presenti : ad esempio il BIL (Benessere Interno Lordo), il quale è la risultanza di otto indicatori che prendono in esame ambiti della vita quotidiana dei singoli e delle comunità andando al di là del dato meramente economico: condizioni di vita materiali, di salute, di istruzione, di attività personali, di partecipazione alla vita politica,di rapporti sociali, di insicurezza economica e fisica e di ambiente.
Di certo l’uso del BIL crea una discontinuità col passato, ma non costituisce ad oggi una vera e propria alternativa al PIL. Il Centre for Economics and Business Research (Cebr), istituto britannico indipendente, ha annunciato che il Brasile ha sorpassato il Regno Unito nella sua World Economic League Table 2011, piazzandosi al sesto posto per PIL, e che il Regno Unito si colloca al settimo posto tra le economie mondiali, dietro gli Stati Uniti (al primo posto), la Cina, il Giappone, la Germania, la Francia. Il direttore del centro Douglas McWilliams in un’ intervista radiofonica alla Bbc ha affermato che le nazioni che producono generi di prima necessità, come i prodotti alimentari e l’energia, ne escono molto bene e salgono gradualmente nella graduatoria economica. Ha anche affermato che la classifica mostra come stia cambiando la mappa economica del mondo, con Paesi asiatici e produttori di materie prime che danno la scalata ai primi posti e l’Europa che resta indietro.
L’Italia resta all’ottavo posto, come nel 2010 davanti a Russia e India. Un trend annunciato da tempo: una perdita di peso economico da parte dei Paesi più industrializzati a favore delle potenze emergenti come il Brasile. Il Cebr ha stilato anche una classifica sulle previsioni di crescita delle principali economie mondiali da qui al 2020. Le prime tre posizioni (Stati Uniti, Cina e Giappone) dovrebbero rimanere immutate, mentre la Russia dal nono posto salirebbe addirittura al quarto, l’India dal decimo al quinto, mentre l’Italia dovrebbe scendere dall’ottavo al decimo posto.
Giuseppina De Angelis
Riproduzione Riservata ®