In pochi giorni la la notizia fa il giro del mondo rimarcando il tricolore di inammissibile leggerezza. Se di leggerezza si può parlare. Perché cacciare moglie e figlia del dissidente Kazano Muktar Ablyazov?
Questa in breve la storia: Il 28 maggio scorso il viceministro dell’Interno Procaccini riceve l’ambasciatore Kazaco Adrian Yelemessov, per discutere del caso Ablazov, dissidente ed oppositore al regime Kazaco accusato di truffa ai danni di un’importante banca di cui era a capo. Ricercato dal governo Kazaco e da Mosca con un mandato di cattura internazionale, Ablazov, come inserito anche in una sua scheda ricostruita dall’Interpool si troverebbe a Casal Palocco, periferia residenziale dell’area sud ovest della città Capitolina. Procaccini, tra i più accreditati alla poltrona della Polizia di Stato dopo la morte di Manganelli, nel suo incontro con Yelemessov, rimanda tutto alla Polizia di Stato inviando i Kazaki al Dipartimento di pubblica sicurezza. Nella notte tra il 28 ed il 29 maggio, cinquanta uomini della Polizia fanno irruzione in una villa della zona segnalata, Casal Palocco appunto, dove non trovano Muktar, ma portano via la moglie Alma Shalabayeva e la figlia minore. Trasportate in questura le due risultano dal documento esibito irregolarmente presenti sul territorio nazionale. Il passaporto viene giudicato falso e scatta immediata l’ espulsione dal paese.
Scoppia il caso politico. Procaccini fa un passo indietro e consegna al ministro dell’Interno le motivazioni della sua resa. Alfano viene da più parti sollecitato alle dimissioni. «Se il ministro degli Interni e vice presidente del Consiglio, Angelino Alfano, sapeva dell’espulsione delle due donne kazake- commenta il segretario del PD Guglielmo Epifani- deve ora trarre le conseguenze; se invece non sapeva nulla la cosa è più grave ancora». Alfano infatti ha più volte ribadito di non essere al corrente del blitz, né dell’espulsione feroce della moglie di Ablazov. Risposta che non giustifica affatto i mezzi perché implicherebbe un’inammissibile mancanza di comunicazione tra Viminale e Farnesina. Lo stesso Maroni, attuale presidente della Regione Lombardia oltre che leader della Lega, evidenzia “ come fosse difficile che il governo ed il ministro dell’Interno non sapessero dell’espulsione di Alma Shalabayeva”.
Di fatto il 5 luglio scorso il tribunale di Roma ha appurato la regolarità del passaporto di Shalabaveva ed il governo italiano, imputando all’errore, ritirato il decreto di espulsione. L’Unione europea ha chiesto informazioni alle autorità italiane su quanto avvenuto nell’espulsione della moglie e della figlia del dissidente
Mentre la polemica inconcludente della compagine politica infiamma animi e colori della storta democrazia italiana, tutti si scagliano contro tutti in coro e nome dell’ennesima distrazione dello Stato.
Ora al vaglio del ministero, sotto l’occhio nudo e scrupoloso del custode degli affari interni, il dossier dovrà chiarire i passaggi tecnici della confusa vicenda. Di sicuro molte incertezze resteranno sugli intrecci politici della storna sottrazione.
“Chi ha sbagliato pagherà”- evverte il PresidenteEnrico Letta-. “Faremo piena luce e arriveremo in fondo”.
Roberta Di Sessa
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