«All’interno di un sistema che nega l’esistenza di diritti umani fondamentali, la paura tende a essere all’ordine del giorno […] Una forma molto insidiosa di paura è quella che si maschera come buon senso o addirittura saggezza, condannando come sciocchi, inconsulti, insignificanti o velleitari i piccoli atti di coraggio quotidiani che contribuiscono a salvaguardare la stima per se stessi e la dignità umana. Non è facile per un popolo condizionato dai timori, soggetto alla regola ferrea che la ragione è del più forte, liberarsi dai debilitanti miasmi della paura. Eppure, anche sotto la minaccia della macchina statale più schiacciante, il coraggio continua a risorgere, poiché la paura non è lo stato naturale dell’uomo civile».
Classe 1945. Aung San Suu Kyi è l’icona della forza, della costanza e della pace. È divenuto un caso internazionale in seguito alle condanne applicate dal governo nei confronti della sua persona. Ha rischiato la vita in questi anni, l’ha messa in gioco e tuttora continua la sua battaglia personale nella difesa dei diritti umani per il popolo birmano. Leader di un movimento non violento, il Premio Nobel per la Pace viene ricordato per la tenacia e per i principi saldi in cui crede. Emblematica è stata la costruzione del sistema di istruzione e sanitario per la Birmania, in seguito alla vittoria del Premio precedentemente accennato.
Nel 2005, e nei due anni successivi, è stata condannata agli arresti domiciliari. Nel 2010 le sono stati rinnovati a seguito di una nuova accusa di violazione della normativa della sicurezza. Stati Uniti e Unione Europea hanno mostrato il loro sdegno con voce unica e consolidata. Fu liberata nel novembre del 2007.
Oggi Aung San Suu Kyi è pronta a rimettere in gioco la sua vita. La folla è lì ad incitarla. Una miriade di persone convinte del suo operato e del raggiungimento dei suoi obiettivi. A Dewei ha aperto la sua campagna elettorale che la vedrà impegnata per i prossimi due mesi. Tutto questo non sarebbe stato possibile se non fosse stata “liberata” dalle mura della sua stessa casa. Si tratta del quarto viaggio fuori dalla capitale ed è stato vissuto in un clima di tranquillità a cui il Premio Nobel non era abituato. “Ci sono certe leggi che costituiscono ostacoli alla libertà della popolazione. Lotteremo per abolirle in Parlamento“. Questo uno stralcio del discorso. Queste parole sono il simbolo della sua rivoluzione; sono gli obiettivi che vuole perseguire con la tenacia che l’ha contraddistinta nell’ultimi sette anni.
La sua candidatura deve essere ancora accettata e convalidata, ma la risposta all’eventualità è stata decisamente positiva. In più Nay Zin Latt – consigliere politico del nuovo presidente birmano Thein Sein – ha proposto a Suu Kyi un incarico come ministro, un “posto importante nell’amministrazione dello Stato”. Tutto questo sarà possibile solo se eletta al Parlamento nelle elezioni suppletive che avranno luogo il primo aprile di quest’anno.
Roberta Santoro
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