Nel 2009 – anno del terremoto in Abruzzo – la Commissione Grandi Rischi in carica era così composta: Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, geologo, vulcanologo e Laurea Honoris causa in fisica; Bernardo De Bernardinis, vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Laureato in Ingegneria Civile Idraulica; Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, Geofisico; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, sismologo; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Laurea in ingegneria civile; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova, sismologo; Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile, laurea in ingegneria civile edile. Come avrete potuto notare a fianco di nessuno di questi nomi è scritto “mago”, o “veggente” o “indovino”. Purtroppo gli ignari componenti della Commissione Grandi Rischi hanno solo titoli di studio molto materiali e concreti: geologo (colui che studia la terra), fisico (colui che studia la fisica, cioè l’interazione delle forze e delle leggi che regolano l’universo), Ingegnere idraulico (colui che studia i comportamenti dei fluidi, cioè dell’acqua) Sismologo (colui che studia i movimenti sismici della terra, cioè i terremoti) e così via. Ho notato che sono persone che hanno affiancato ai loro titoli anche master e dottorati. Insomma, titolari di un curriculum di tutto rispetto. Per vari motivi hanno accettato di fare parte di una commissione preposta alla salvaguardia dell’Italia dai “Grandi rischi”.
Come è mio solito non starò ad esaminare l’argomento da un punto di vista civile, giuridico, logico o di giustizia. Voglio, come sempre, dare a chi legge gli strumenti per poter sviluppare un proprio punto di vista. Non sarebbe informazione, se io cercassi di imporre un solo punto di vista, e per di più il mio! Per questo voglio raccontarvi di un seminario che ho seguito nel 2009, pochi giorni dopo l’evento dell’Aquila. Era il 14 aprile, un martedì. Lo so perché stavo seguendo come uditrice un corso di aggiornamento per docenti sul ruolo dell’astrofisica nella didattica. Il martedì, di solito, dovevo rientrare al lavoro. Per seguire il corso avevo spostato, nella primavera del 2009, i rientri al mercoledì. Dunque, quel martedì, il prof. Parotto, geologo di fama, avrebbe dovuto tenere il secondo modulo de “L’evoluzione geologica nel sistema solare”. Ma quando entrò nella sala, sembrò leggere i nostri pensieri. “Lo so, so già di cosa volete sentirmi parlare. Per questo parleremo un’altra volta dell’evoluzione geologica del sistema solare. Sappiamo tutti cosa è successo a l’Aquila il 6 aprile…”. Ed iniziò l’intervento che tutti attendevamo. Avevamo sentito di tutto e di più in televisione. Allarmi, preveggenza, radon, minimizzazioni, accuse. Su tutto primeggiava il dolore. E davanti al dolore non si sa più con chi prendersela. Anzi, si cerca un colpevole a tutti i costi. E la sentenza di ieri 22 ottobre sembra placare temporaneamente la rabbia e il dolore delle vittime e dei loro familiari.
Ma torniamo al prof. Parotto. E’ uno splendido divulgatore, affronta con chiarezza e precisione l’argomento di cui vuole parlare. E snocciola una ad una delle evidenti verità. E’ come se avesse scoperto l’acqua calda! Ciò che dice è il più semplice e lapalissiano dei ragionamenti. Lo riassumo, perché merita di essere diffuso il più possibile: I terremoti non possono essere previsti. Possono solamente essere studiati a posteriori. Vengo, ormai da secoli, annotati, minuziosamente, per poter disporre di una banca dati certa, atta ad evidenziare le zone più soggette a movimenti tellurici. I più all’avanguardia nella prevenzione dei terremoti sono i giapponesi, che hanno messo in atto procedure e tecniche astute: non predire il terremoto, ma fare in modo che, qualora arrivi, possa arrecare il minor danno possibile. Quindi si costruiscono strutture antisismiche, si fa moltissima informazione nelle scuole, si interpellano gli esperti prima di edificare su un territorio. E praticamente non si giunge mai a dover evacuare intere cittadine anche perché il terremoto previsto può farsi attendere anche per mesi; La roccia respinge le onde sismiche, i detriti alluvionali oscillano come un “budino” impazzito. Più precisamente, quando il tuo palazzo è edificato su una bella pianura, nei pressi magari di un bel fiume, devi sapere che vivi sul “budino”. La grande pianura alluvionale, però, come dice la parola stessa, è stata formata dai detriti che il fiume ha, nei secoli, trascinato a valle, composti per lo più da ghiaia e rocce frammentate. Quindi assolutamente poco stabili in caso ti terremoto (proprio come è avvenuto all’Aquila); lo studio della teoria della tettonica a placche, integrativa di quella della deriva dei continenti, prende il via nel 1947. Da allora non ci sono state che conferme al fatto che la terraferma poggia su basi assolutamente fluide, il magma bollente che scorre sotto il mantello. Per fisica, si sa, le cose calde vanno verso l’alto e le cose fredde verso il basso. Così fa la roccia. Quella calda sale in superficie dal centro della terra e quella fredda si inabissa nelle dorsali oceaniche, crepe che si trovano nei punti in cui le varie placche si toccano. Sono i punti di subduzione, in cui ogni placca tenta di salire o di infilarsi sotto l’altra. Ormai si conoscono tutti i punti caldi da cui il magma emerge (ad esempio i Geyser dell’Islanda o di Yellowstone) ed è diventato sempre più chiaro, ancora una volta, che il danno dato dai TERREMOTI NON E’ PREVEDIBILE ma PREVENIBILE. Se per esempio metteste un cumulo di legna in equilibrio su una bottiglia, sareste in grado di dire quando cadrà? Potrebbe non cadere mai, se le condizioni esterne restassero immutate, ma potrebbe cadere in un momento imprecisato, qualora il vetro si dilatasse o contraesse per la temperatura, oppure il vento facesse rotolare la bottiglia ….. In ogni caso sarebbe molto saggio non costruirci su nemmeno la cuccia del gatto!
Pur esistendo in Italia grandi professionalità a livello geologico e sismico nessuna legge vincola l’edificazione alla richiesta di un parere tecnico sul suolo su cui si sta costruendo. Ciò rende ogni edificio potenzialmente esposto a rischi sismici, geologici, vulcanologici e via dicendo. Tutto ciò premesso, ve la sentite ancora di condividere il parere del giudice del Tribunale dell’Aquila? Non vi è venuto qualche dubbio sull’adeguatezza della procedura che porta al rilascio delle autorizzazioni a costruire, strutturata, nella maggioranza dei casi, anteponendo i profitti al buon senso?
Elisabetta Piras
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