I casi tragici di Antonio Monella e Graziano Stacchio, che hanno ucciso dei malviventi per presunta legittima di fesa (il secondo nei confronti di una ragazza rapinata), riaprono la polemica su questi episodi di cronaca, dai confini labili e discussi.
La memoria ritorna a un episodio eccezionale, accaduto il 18 gennaio del 1977: la morte di Luciano Re Cecconi, un famoso giocatore di calcio, che aveva “finto” una rapina nei confronti di un suo amico commerciante.
Il biondo e talentuoso centrocampista, dopo l’esperienza al Pro Patria e al Foggia, ebbe la consacrazione alla Lazio: vinse lo scudetto nel 1974 ed ebbe la soddisfazione di essere convocato in nazionale (dove partecipò agli sfortunati campionati mondiali in Germania Ovest).
Fu una squadra particolare quella dello scudetto: una rosa composta di due distinte fazioni, in eterna lotta (anche fisica) tra di loro.
L’allenatore Maestrelli fu abile nel calmare i bollenti spiriti e incanalarli in rabbia agonistica: una Lazio composta d’individualità caratteriali o almeno pittoresche (un caso su tutti fu Giorgio Chinaglia, la cui biografia è eloquente).
Luciano Re Cecconi ne era un tipico esempio: un ragazzo allegro e un po’ guascone.
La sera del 18 gennaio del 1977, Re Cecconi si trovava a Roma in via Francesco Saverio Nitti 68 (nella tranquilla zona “Collina Fleming”): era con suo collega della Lazio (Pietro Ghedin) e col profumiere Giorgio Fraticcioli, si accingeva a entrare nella gioielleria dell’amico Bruno Tabocchini.
Il biondo centrocampista volendo compiere un discutibile scherzo, estrasse la sua pistola ed esclamò: ”Fermi tutti, è una rapina !”.
Il gioielliere, già vittima di diversi furti, estrasse la sua arma (una calibro 7,65) e la puntò sui due calciatori: Ghedin alzò prontamente le mani, Re Cecconi non fece in tempo e fu colpito in pieno petto, morì alle venti all’ospedale.
Bruno Tabocchini fu immediatamente arrestato, per eccesso di legittima difesa: processato dopo diciotto giorni, fu assolto per “aver sparato per legittima difesa putativa”.
Luciano re Cecconi lasciò: la moglie Cesarina, il figlio Stefano di due anni e la piccola Francesca di pochi mesi.
Nel 2012 è uscito un libro inchiesta, scritto da Maurizio Martucci, che ribalta il verdetto del processo, basandosi sulle dichiarazioni a freddo, di Pietro Ghedin: pare che il commerciante avesse avuto modo di osservare bene i visi dei giocatori (prima di esplodere il colpo fatale) e che Re Cecconi, in realtà, non avesse proferito parola (e quindi non avrebbe inscenato una finta rapina).
In seguito a queste dichiarazioni, Ghedin si rifiutò di parlare dell’episodio, sino a oggi: scomparve gradualmente dal calcio che conta, compiendo una dignitosa e silenziosa carriera di commissario tecnico.
Rey Brembilla
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