Il 17 Marzo tutto il paese, da Nord a Sud, si è stretto in un unico grande abbraccio tricolore per festeggiare il 150esimo compleanno dell’Italia unita. Un anniversario che dovrebbe farci riflettere – soprattutto in un momento di grave crisi internazionale come questo – su cosa significa “essere italiani” oggi. Conoscere la storia, sapere chi si è e da dove si viene è importante. E non per rimpiangere ciò che è stato, ma per guardare avanti al futuro e al destino di questo paese. Per riappropriarci del nostro senso di appartenenza, superando inutili divisioni. Per sentirci uniti a prescindere, non solo quando la nazionale vince la coppa del mondo o quando dobbiamo mostrare la nostra straordinaria generosità a chi è stato vittima di eventi catastrofici.
Il Risorgimento, le guerre di indipendenza, la spedizione dei mille, gli avvenimenti che hanno creato l’Italia unita di oggi insomma, non trovano spazio solo tra i libri scolastici. Anche il cinema, quello con la C maiuscola, ha raccontato con capolavori indimenticabili e pellicole meno famose, pagine note e meno note del nostro moto unitario, scritte prima e dopo la proclamazione del Regno di Italia il 17 marzo di centocinquanta anni fa. Dagli anni ’30 ad oggi, alcuni dei più grandi autori italiani, ciascuno col suo stile, hanno tentato di imprimere sulla pellicola lucidi quanto appassionati e patriottici spaccati di quanto sia davvero costato “fare l’Italia”. Da Mario Martone a Roberto Faenza, passando per Visconti e Rossellini, per citarne qualcuno. Grazie alle loro pellicole abbiamo riscoperto avvenimenti e personaggi che hanno contribuito a rendere la nostra Italia un paese unito e libero dalle dominazioni straniere. Ma ad animare le loro opere non troviamo visioni univoche.
Basta citare il poco noto “Bronte, cronaca di un massacro che i libri di storia non raccontano” (1972) di Florestano Vancini, per capire come non tutti i registi abbiano posto al centro del loro interesse l’eroismo dei soldati italiani. Il film racconta fedelmente una realtà storica lontana dall’apologia che s’è sempre fatta ufficialmente delle gesta garibaldine. A Bronte, il malcontento del popolo ridotto alla fame e desideroso di riscatto sociale esplose in un’insurrezione contro i “ricchi”, sedata dalle truppe comandate dal generale Nino Bixio con un processo sommario che condannò alla pena capitale cinque persone del tutto estranee ai fatti, come si è poi appurato dalle successive ricostruzioni storiche. Se Vancini illustra un episodio marginale del processo unitario, i due film che trattano più specificatamente del tema dell’Unità di Italia sono 1860 (1934) di Alessandro Blasetti e Viva l’Italia (1961) di Roberto Rossellini. Il primo, girato durante il Ventennio fascista, è un racconto epico ma anche assai realista della spedizione dei Mille attraverso alcuni personaggi minori, come il giovane Carmelo, un pastore siciliano mandato dai suoi compaesani a incontrare Garibaldi per sollecitarlo a liberare l’isola dal regime borbonico e che si ritrova a partecipare al seguito dei mille alla storica battaglia di Calatafimi; in Viva l’Italia, il regista simbolo del Neorealismo italiano descrive l’impresa garibaldina dei mille, dalla partenza a Quarto fino all’incontro di Teano con il re Vittorio Emanuele II, spogliandola di quell’aura mitica ed eroica con cui è da sempre narrata, per darle invece una concretezza storica che la rende più umana e per questo forse anche più imperfetta.
La Sicilia che da borbonica diventa italiana è al centro del grande capolavoro di Visconti, Il Gattopardo (1963) e ne I Vicerè (2007) di Faenza (tratti rispettivamente dagli omonimi classici della letteratura di Tomasi di Lampedusa e Federico de Roberto, ndr). Entrambi seguono infatti la trasformazione inesorabile dell’aristocrazia siciliana negli anni di passaggio dai Borboni ai Savoia, attraverso le vicende di due famiglie nobili, i Corbera e gli Uzeda di Francalanca che si affacciano ai tempi nuovi adattandosi nel modo più indolore possibile alle novità politiche per mantenere intatto il proprio potere. Cambiare perché nulla cambi. Una contraddizione genetica che ancora troviamo nel dna della nostra Italia. I lati oscuri e le contraddizioni del risorgimento li ritroviamo pure nel recente affresco storico di Mario Martone, Noi Credevamo. Tre ore e 24 minuti che sintetizzano 40 anni di storia ottocentesca attraverso le storie di tre giovani cilentani Domenico, Angelo e Salvatore, che decidono di consacrare la propria vita alla causa della libertà e dell’indipendenza dell’Italia diventando giocoforza protagonisti di alcune pagine sconosciute del processo unitario: i falliti attentati a Carlo Alberto e a Napoleone III.
Quelli citati sono solo alcuni dei film italiani che hanno raccontato al pubblico la nascita e l’evoluzione della nostra nazione. Grazie alla grande forza delle sue immagini, il cinema, ieri come oggi, è una lente di ingrandimento della Storia che riflette in ogni epoca vizi e virtù di un paese registrandone i cambiamenti sociali, culturali e di costume. Il cinema è la nostra memoria storica per eccellenza. Rilegge il passato, aiutandoci a comprenderlo per affrontare meglio il futuro.
Enrica Raia
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