9 secondi e 63 centesimi il suo ultimo record alle Olimpiadi di Londra. Nemmeno giocando con l’app del doodle di Google, dedicato oggi alla corsa a ostacoli, riuscirete a battere il suo primato. Anche se la sua specialità è la velocità. E infatti, non a caso Usain Bolt, giamaicano, classe 1986, è considerato l’uomo più veloce del mondo. Un percorso iniziato ai tempi della scuola media, quando, dopo una breve parentesi in cui si dedica alla pratica di vari sport, tra cui il cricket, il suo talento da velocista emerge in tutta la sua forza esplosiva facendogli vincere la prima medaglia (d’argento, 200 metri in 22’’04) a soli 15 anni nel campionato scolastico.
La prima partecipazione a una competizione agonistica internazionale arriva nello stesso anno, ai Mondiali allievi di Debrecen, dove per una manciata di secondi (anzi, centesimi) non riesce ad accedere alla finale dei 200 metri, battendo tuttavia il suo record personale e fissandolo a 21’’73. Il primo oro arriva nel 2002 ai Mondiali juniores di Kingston, dove con un tempo di 20’’61 diventa il più giovane campione mondiale di sempre.
Da allora è una sequela di successi. Uno dopo l’altro arrivano gli ori di Pechino 2008 (nei 100 e 200 metri) e di Berlino 2009 (sempre nei 100 e 200 metri, dove con 9’’58 e 19’’19 batte tutti e due i suoi record personali), fino al trionfo dello scorso 5 agosto alle Olimpiadi di Londra, tempo che per soli 5 centesimi non eguaglia il record mondiale stabilito con la medaglia di Berlino.
“Sapevo che sarebbe stato così meraviglioso. Non avevo dubbi”.
Così il 25enne giamaicano ha commentato la sua vittoria londinese. Pur ammettendo di essersi innervosito alla partenza, circostanza che però non gli ha impedito di concentrarsi sull’accelerazione, suo punto di forza, che gli ha permesso di staccare Justin Gatlin, primo in semifinale, e di staccare Yohan Blake, secondo classificato, di 12 centesimi. Quei 12 centesimi che fanno la differenza tra un uomo e un mito. Un talento che nemmeno le voci insistite di doping sono riuscite a oscurare. La stampa lo chiama Lightning Bolt o Bolt from the blue, giocando con i significati del suo cognome. Ma nella vita privata Usain è un ragazzo fin troppo tranquillo, appassionato di musica reggae e di calcio. Sport a cui non esclude di convertirsi. Ma solo se a convocarlo fosse Alex Ferguson, coach del Manchester United. E mentre l’oro gli luccica ancora sul petto, da Londra Usain Bolt lancia un velato invito al mondo del calcio a prendere in considerazione le sue doti da velocista per riconvertirle nella corsa dietro al pallone. Dove non è detto che Bolt non riesca altrettanto a trionfare.
Rey Brembilla
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