La nazionale azzurra si appresta a terminare l’esperienza della “Confederations Cup” e dopo si accingerà a proseguire la qualificazione ai Mondiali del 2014 in Brasile.
Sperando che la qualificazione avverrà, nasceranno le tipiche speranze dei tifosi ed i giocatori griffati si esibiranno in bellissime foto ricordo con le bellezze brasiliane di turno.
La squadra azzurra nella sua storia ha spesso più sudato che raccolto.
I quattro campionati mondiali che hanno visto trionfare la nazionale, oltre all’indubbio spessore tecnico, hanno avuto un’essenziale “ spinta” morale: ove questo stimolo non è stata dato, la squadra italiana ha fallito il proprio compito.
Dopo lunghi momenti di vacche magre, un campionato mondiale abbastanza positivo, si è trasformato in un trionfo epocale.
Riflettendo, i mondiali vinti nel 1934 e nel 1938, sono stati affrontati, mentre l’Italia era sotto il fascismo.
Quale maggiore stimolo di vittoria riusciva a trasmettere Mussolini ? fiumi d’inchiostro possono criticare il Duce in ogni frangente, ma non si può negare la sua capacità di esaltare e dare orgoglio alle folle.
Basti pensare ai giocatori in campo, soprattutto nel 1934, ( quando la manifestazione fu organizzata dall’Italia) e all’ardore che avevano a rappresentare la “ maestosa Italia fascista”: il grande orgoglio di battere le nazioni più titolate, come impeto di nazionalismo che solo Mussolini poteva trasmettere.
Il vittorioso Mondiale del 1982 fu preceduto dallo scandalo del “ Totonero”, dove si scoprì che il mondo del calcio navigava sopra un mare di scommesse clandestine: quale occasione migliore di far vedere che i giocatori erano anche talentuosi, oltre che furbi ? soprattutto a seguito degli infelici risultati del primo girone e delle umilianti critiche a seguito.
Lo stesso copione avvenne nel 2006 con lo scandalo di “ Calciopoli”: i campionati mondiali per di più si svolsero in Germania, paese snob e avverso per eccellenza.
A parte il Brasile ( che poi ne vinse cinque da altre parti) l’Italia fu l’unica gran nazionale a non vincere un Mondiale a casa sua, nel 1990: il grande stimolo in questo caso fu l’orgoglio di giocare in casa, orgoglio che, però relegò gli azzurri ad un misero terzo posto.
Il 1990 inoltre vide la fortuna baciarci in fronte: Salvatore Schillaci brillò in pratica solo in quell’occasione, salvo poi spegnersi per il resto della sua carriera.
Tante volte sono stati esaltati i tornei del 1970 in Messico e del 1978 in Argentina: il discorso vale, quando si pensa che l’Italia proveniva da anni di miseria ( il mondiale del 1974, precedente al ’78, ci vide favoriti e poi subito eliminati) ma in termini obbiettivi non abbiamo fatto dei Mondiali così memorabili.
Il girone iniziale del 1970 pareva una fotocopia del 1982 ( vincemmo a stento con la Svezia con un golletto e arrivammo a pareggiare con Israele): nel proseguio del torneo ( a parte la comoda vittoria col modesto Messico) godemmo solo della clamorosa vittoria alla Germania Ovest ( 4-3), perché poi in finale fummo sonoramente sconfitti.
Durante il torneo del 1978 indubbiamente la nazionale mostrò un ottimo gioco, ma alla fine arrivò solo quarta: un risultato ottimo data la miseria delle edizioni precedenti ma modesto per una squadra che ha vinto quattro titoli mondiali.
Nel 1994 negli Stati Uniti, arrivammo in finale ma il susseguirsi del torneo però fu un’ansia continua: un girone iniziale che passammo per differenza reti, il rischio di uscire contro la Nigeria e due partite col tirato punteggio di 2 a 1.
Così come nel 1990, pur avendo un ottimo collettivo, ci salvammo unicamente grazie a Roberto Baggio.
La gran parte del Campionati Europei sono da dimenticare, in alcuni neppure l’Italia si qualificò.
L’Italia vinse nel 1968: dopo un girone di qualificazione molto abbordabile (Romania, Svizzera e Cipro), una semifinale vinta grazie al sorteggio con la monetina e una faticosissima finale, svoltasi in due partite ( allora non erano richiesti i supplementari e bisognava ripetere la partita).
Infine l’ultimo Europeo della scorsa estate ci ha visti faticare oltremodo in un girone relativamente facile, battere una spenta Inghilterra ed imbroccare “ la partita “ contro la Germania, salvo poi inginocchiarci alla grande Spagna.
Dal momento in cui l’Italia perde s’inventano le scuse più disparate: 1950 ( faticoso viaggio in nave per arrivare in Brasile), 1962 ( botte dai giocatori cileni ed arbitro ostile), 1966 ( svarione del nostro staff sulla valutazione della Corea del Nord) 1974, 1986 e 2010 ( giocatori troppo maturi), 2002 ( arbitro venduto).
Nel migliore dei casi si accampano magre soddisfazioni come nel 1978 e negli Europei del 2008, quando si affermò che l’Italia era stata l’unica ad uscire imbattuta con i futuri campioni.
Questo pessimismo non deve nascondere che quando abbiamo vinto l’abbiamo fatto meritatamente sul campo e con grandi squadre: semplicemente bisogna rendersi conto che il più delle volte non ci basta un’ottima squadra per vincere un trofeo ma, essenziali sono dei fattori psicologici esterni.
Rey Brembilla
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