L’america non è un paese per sobri. E la sobrietà non fa decisamente parte dello star system americano, che si tratti di cinema o musica. Whitney Houston, la Voce degli anni ‘80 e ‘90 a stelle e strisce, l’ugola perfetta, ci lascia l’11 Febbraio 2012, all’età di 48 anni.
A nostro modesto parere non ci lascia molto. Provando a fare un giochino malizioso, la Houston entra nel caramelloso mondo della Pop Music americana non in punta di piedi ma, come si dice da queste parti, con la “botta” nientepopodimenoche di Miss Aretha Franklin, il punto di riferimento da sempre della Black Music da quelle parti. Senza contare il fatto di essere figlia di una delle coriste della Fraklin, Emily Drinkard meglio conosciuta come Cissy. Non proprio una gavetta a tutto tondo.
Dopo le prime esperienze in cori gospel locali e dopo collaborazioni sporadiche con la madre (!!!), viene scoperta da Clive Davis, guru del mondo discografico americano, che la blinda mettendola sotto contratto. Segue l’esordio omonimo nel 1985.
Forte dell’innato talento e della sua avvenenza (in adolescenza ha lavorato anche come modella), per Whitney la strada è costellata d’oro: Guinness dei primati come vendite di una cantante all’esordio, con ben 29 milioni di dischi venduti (titolo che resiste ancora oggi). Gli album successivi sono ovviamente la punta del limone strizzata (Whitney, contenente la sua hit più famosa “I Wanna Dance With Somebody”, e I’m Your Baby Tonight, non proprio un inno al femminismo). La vera strizzata arriva nel ‘92 con il film The BodyGuard e relativa colonna sonora. Siamo all’apice, in eseguito conteremo una carrellata di Grammy, un matrimonio fatiscente con Bobby Brown, problemi di droga e alcool, depressioni.
Whitney Houston non si può propriamente indicare come esempio della cultura afro-americana. Stella del pop abbastanza viziata, multi-milionaria e bigotta al punto giusto da nascondere vizietti ed eccessi con apparizioni angeliche ed esibizioni filo-repubblicane (vedi lo show per i soldati di ritorno dalla Guerra del Golfo nei primi anni ‘90).
Allora una cosa forse ce la lascia, la sua voce perfetta e solo quella, marchiata a fuoco sui supporti analogici e digitali.
Marco Della Gatta
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