Wislawa Szymborska: la poetessa polacca tra magia e versi

Wislawa Szymborska  in copertina

Wislawa Szymborska in copertina

Preferisco il cinema.
Preferisco i gatti.
Preferisco le querce sul fiume Warta.
Preferisco Dickens a Dostoevskij.
Preferisco me che vuol bene alla gente, a me che ama l’umanità.
Preferisco avere sottomano ago e filo.
Preferisco il colore verde.
Preferisco non affermare che l’intelletto ha la colpa di tutto.
Preferisco le eccezioni.
Preferisco uscire prima.
Preferisco parlar d’altro coi medici.
Preferisco le vecchie illustrazioni a tratteggio.
Preferisco il ridicolo di scrivere poesie, al ridicolo di non scriverne.
Preferisco in amore gli anniversari non tondi, da festeggiare ogni giorno.
Preferisco i moralisti che non promettono nulla.
Preferisco una bontà avveduta a una credulona.
Preferisco la terra in borghese.
Preferisco i paesi conquistati a quelli conquistatori.
Preferisco avere delle riserve.
Preferisco l’inferno del caos all’inferno dell’ordine.
Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.
Preferisco foglie senza fiori che fiori senza foglie.
Preferisco i cani con la coda non tagliata.
Preferisco gli occhi chiari perché li ho scuri.
Preferisco i cassetti.
Preferisco molte cose che qui non ho menzionato
a molte pure qui non menzionate.
Preferisco gli zeri alla rinfusa che non allineati in una cifra.
Preferisco il tempo degli insetti a quello siderale.
Preferisco toccar ferro.
Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando.
Preferisco considerare persino la possibilità
che l’essere abbia una sua ragione.

 

Presentare Wislawa Szymborska con i suoi versi è forse il modo migliore. Poetessa e saggista polacca, la Szymborska, oltre a numerosissimi riconoscimenti, nel 1996 è stata premiata con il premio Nobel ed è, a ragione, considerata una delle poetesse più rappresentative della letteratura contemporanea. Morta un anno fa a Cracovia, la poetessa ha lasciato opere di una bellezza magistrale, versi liberi capaci di descrivere l’uomo e il suo essere nel mondo con parole semplici, ma mai banali. Frequente il ricorso nelle sue liriche a figure retoriche come il paradosso, l’ironia, la litote; il fine ultimo è sempre quello di arrivare all’essenza delle cose, portarle alla luce. La Szymborska stessa ha individuato l’origine della sua poesia nel silenzio. Nata Kornik il 2 luglio 1923, dopo pochi anni si trasferì con la famiglia a Cracovia; città, quest’ultima, che la vedrà crescere, studiare, lavorare, morire. Non solo una culla, ma anche un rifugio a cui la poetessa resterà legata per tutta la vita. La sua adolescenza è funestata dallo scoppio della Guerra; durante l’occupazione tedesca, riesce a diplomarsi clandestinamente e a evitare la deportazione grazie a un lavoro come dipendente delle ferrovie. Sempre intorno al 1943 comincia la sua carriera artistica, illustrando un libro scolastico in inglese. Nel 1945 si iscrive alla facoltà di Lettere, ma passa dopo poco a Sociologia; nessuno dei due percorsi sarà portato a termine, ma grazie a feconde amicizie la Szymborska comincia ad essere coinvolta attivamente nella vita culturale della capitale polacca. Trova impiego come segretaria e illustratrice presso una rivista e, nel 1948, si sposa, ma il matrimonio ha vita breve. Successivamente, si lega al poeta e scrittore Kornel Filipowicz. La prima poesia verrà pubblicata nel 1945 su un quotidiano; questa poesia, come tutte le sue opere, saranno sottoposte al vaglio della censura. Nel 1952 la prima raccolta poetica, “Per questo viviamo”, favorita nella pubblicazione dai contenuti che abbracciavano l’ideologia socialista. Solo anni dopo la Szymborska prenderà le distanze dall’ideologia socialista, definendolo un “errore di gioventù” e rendendo note le sue riflessioni nella raccolta “Domande poste a me stessa” del 1954. L’attività poetica è abilmente giostrata con quella di redattrice presso la rivista “Vita letteraria”, sulla quale pubblica numerosi saggi presto trasferiti in volume. Il suo nome appare anche sulla rivista “Kultura”, curata da immigrati polacchi a Parigi. Le poesie della Szymborska sono radicate nel tempo, nella storia, nella società. Nei suoi versi si toccano temi vari, che riguardano l’uomo, ma anche le attività quotidiane o l’infanzia di personaggi come Hitler. Nel 1996, finalmente il Nobel; la motivazione addotta recita: “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d’umana realtà”. La sua più recente raccolta poetica è “Due punti”, apparsa in Polonia nel 2005, che ha venduto oltre quarantamila copie in poco meno di due mesi. Dopo diversi mesi di malattia, la poetessa si è spenta il 1 febbraio 2012, lasciando di sé un ricordo magico e un regalo al mondo che non potrà mai spegnersi: i suoi inestimabili versi.

Emiliana Cristiano

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